Se l’unicità dell’Italia sta, per il Ministro, tutta nel mix di civiltà che le hanno dato, nel tempo, forma e sfumature, il dovere è oggi – e ancor più domani – quello di coltivare e valorizzare il patrimonio. Si parte allora dai musei, considerati veri e propri gioielli, da riscoprire (come Palazzo Citterio a Milano), ampliare nelle loro dimensioni (come gli Uffizi) e spingere (tutti indistintamente) in una direzione di reale competitività d’impresa, a partire dal delicato processo della digitalizzazione. Un processo che spetta e tocca anche al mondo dell’editoria, altro grande pilastro della cultura italiana secondo il Ministro, sulla quale ci deve essere un importante cambio di atteggiamento e di passo: non più biblioteche intese come meri depositi di libri, ma spazi di interazione, scambio, incontro e multimedialità definibili “public library”.
Ma incrementare questo soft power italiano, vuol dire anche creare più rete di diffusione delle opere, attraverso accordi internazionali mirati; potenziare il “welfare museale” (per esempio la gratuità degli ingressi per le fasce più anziane della popolazione, soprattutto in alcuni Comuni in cui ancora non è applicata); salvaguardare valori e unicità. In particolare, da valorizzare, saranno dunque l’identità dei territori, intesa come quei beni che identificano ogni singolo Comune, nonché gli spazi periferici: la cultura – per il Ministro – non è infatti un valore proprio solo dei luoghi vissuti dall’”intellighenzia”, ma di ogni dove, e l’obiettivo da perseguire è quello di avere un teatro, un cinema, un museo e una “public library” in ogni Comune italiano. La cultura, del resto, è uno dei fattori che determinano la qualità della vita.
Attualmente in un momento felice e proficuo, la cultura italiana, è capace di guardare avanti, il che si traduce – come ha concluso nel suo intervento al Festival, il Ministro – in uno sguardo verso il contemporaneo: da un lato, dunque, l’incentivo all’arte contemporanea, da perseguire attraverso la creazione di residenze artistiche in città medio-grandi, ai fini di “creare il passato del futuro”, dall’altro anche un’attenzione verso il cambiamento climatico, che necessariamente, oggi, deve essere studiato, per comprendere quali impatti avrà sui beni culturali del nostro Paese.