Venerdì, 03 Giugno 2016 - 12:39 Comunicato 1130

Qual è il succo delle agglomerazioni?

Agglomerazione è la parola chiave del dibattito economico attuale, un concetto che interessa molto da vicino anche l’Italia e che racchiude in sé elementi come il territorio, l’innovazione, il capitale umano. Ne ha parlato questa mattina Michel Serafinelli Assistant Professor di Economia presso l'Università di Toronto, ricercatore nel campo dell’economia lavoro, economia delle città e delle regioni, economia politica, produttività e tecnologia. Per la seconda volta al Festival dell'Economia di Trento si definisce un "ricercatore europeo in viaggio". Nell'incontro moderato da Alessandro Rossi, ricercatore del Dipartimento di Economia e Managment dell'Università di Trento, Serafinelli ha spiegato che "le città con alto capitale umano e con aziende innovative tengono ad attrarre lavoratori con alto capitale umano e aziende innovative". Sembra una affermazione scontata, ma in realtà i micro meccanismi di generazione e di evoluzione delle agglomerazioni sono ancora in fase di studio da parte degli economisti. E soprattutto fanno la differenza di performance tra mercati di lavoro locali.

Alfred Marshall alla fine del Diciannovesimo secolo ne aveva delineato i parametri, spiegando in che modo un’impresa può beneficiare della vicinanza geografica di altre imprese, aumentare il processo dei trasferimenti delle conoscenze tra le stesse sfruttando la mobilità dei lavoratori e ricavandone benefici produttivi. Elementi di vantaggio che rendevano le molte piccole imprese “agglomerate” in grado di raggiungere livelli produttivi pari a quelli di imprese di più grande dimensioni. I distretti costituiscono una forma originale di agglomerazione di imprese, caratterizzata da una forte specializzazione industriale, ossia da una particolare vocazione delle produzioni verso un settore o più settori tra loro correlati. Nella loro forma tradizionale, essi sono sistemi manifatturieri locali, formati da numerose imprese artigiane e industriali, soprattutto di piccole e piccolissime dimensioni, legate fra loro da strette relazioni.

Poi il concetto di “agglomerazione” è stato “dismesso” – economicamente parlando -  ma una sua riscoperta si ha negli anni Settanta, all’interno di un dibattito economico che vede sempre più l’Italia come protagonista, ricca di cluster produttivi locali (si pensi ad uno dei tanti casi emblematici, il distretto di Montebelluna per le calzature sportive).

Serafinelli ha quindi analizzato i distretti industriali della “terza Italia”, casi studio che ben spiegano il processo di agglomerazione e quali sono i vantaggi per le imprese e i lavoratori. Fattore determinante in tal senso è la mobilità stessa dei lavoratori, che sono portatori di conoscenze: questo fenomeno è in gradi di spiegare, da solo, fino al 20% del vantaggio dei cluster rispetto ad altri distretti. Poi uno sguardo su diverse città europee, viaggiando indietro nel tempo fino alla Firenze di Leonardo e alla Londra di Shakespeare, dove le agglomerazioni sono state favorite anche da un notevole fermento intellettuale, culturale e sociale. In altri termini, innovativo.

Con riferimento ai Paesi in via di sviluppo, ad esempio l’Africa, l’agglomerazione è favorita anche dal flusso di investimento di capitali stranieri, che è aumentato da 400 milioni di dollari nel 1980 a più di 52 miliardi nel 2013. Il manifatturiero è il settore che riceve di più (33% del capitale straniero investito) ed emblematico è il caso dell’Etiopia dove c’è un alto livello di produzione manifatturiera, in particolare nel settore del cuoio. Perché, se in un primo momento le imprese straniere assumono anche lavoratori locali, in un secondo momento saranno gli stessi a voler aprire, magari, una propria impresa e a rimanere legati al proprio territorio di riferimento. E il tutto si autoalimenta, con uno scambio e una circolazione di conoscenze a livello di produttività tecnologica che è direttamente in relazione con la mobilità dei lavoratori e con gli scambi di conoscenze tra imprese locali e imprese che investono capitali esteri.

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