Matteo Bugamelli, laurea in Economia e Commercio all’Università di Bologna e dottorato in Economics alla Columbia University di New York, è economista alla Banca d’Italia e titolare della Divisione Struttura economica e Mercato del lavoro al Dipartimento di Economia e Statistica. È esperto di commercio internazionale ed economia industriale. Ha pubblicato lavori sul legame tra concorrenza cinese e profitti delle imprese italiane, sull’interazione tra esportazioni, innovazione e capitale umano e sui freni all’adozione di nuove tecnologie in Italia. Ha curato due rapporti sul sistema produttivo italiano (2009 e 2017).
È stato introdotto da Chiara Tomasi, ricercatrice di Economia industriale dell’Università di Trento. La premessa: spesso si sente dire che la crescita dell’economia italiana è frenata da una dinamica della produttività modesta nel confronto internazionale. Si parla di economia stagnante. L’Italia è considerata la bella addormentata d’Europa. Da cosa dipende?
Bugamelli ha analizzato le principali determinanti della produttività. La correlazione con le scelte tecnologiche e di lavoro delle imprese, con il contesto istituzionale e normativo. Ha chiarito come la produttività non dipenda dalla quantità degli ingredienti a disposizione, ma dalla capacità di amalgamarli. Quindi dipenda dall’efficienza organizzativa. Ha sottolineato – grafici alla mano - come la produttività abbia una relazione positiva con il reddito procapite e quindi sia cruciale per gli standard di vita della cittadinanza. I segnali positivi non mancano come la produttività del settore manifatturiero che ha ripreso a crescere. Ma le microimprese italiane sono in media poco efficienti. Si è in un sistema economico in cui la capacità di allocare risorse è andata migliorando, ma c’è sabbia negli ingranaggi. C’è qualcosa che non funziona nella selezione di nuove imprese: fin dalla nascita non sono in grado di generare dinamismo. La crescita della produttività aggregata dipende dalla capacità innovativa, dal capitale umano e dalla capacità organizzativa oltre che da fattori esterni. Innovazione e tecnologia sono una variabile chiave della produttività come buone pratiche manageriali per gestire il cambiamento. E non aiuta avere capitale umano poco istruito (in Italia solo il 18% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha la laurea, uno dei dati più bassi a livello europeo) né avere piccole imprese con tutto il management familiare.
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