Venerdì, 31 Maggio 2019 - 17:47 Comunicato 1235

Populismo autoritario

La parola «autoritario» definisce meglio il populismo rispetto a etichette come «di destra» e «di sinistra». Per Pippa Norris, politologa docente ad Harvard, incalzata dalla collega Nadia Urbinati della Columbia University e da Mario Garofalo del Corriere della Sera, il populismo delegittima il sistema e le forme di rappresentanza. E così apre la strada all’autoritarismo. "Il populismo si scaglia contro le élites e la corruzione. Nasce dalla stagnazione economica ed è dappertutto» ha osservato la Norris nel dibattito a tre che l’ha vista protagonista in questa seconda giornata del Festival in videocollegamento. Per la studiosa anglosassone ogni politico può adottare una retorica populista, non solo i partiti possono farlo. Nel Regno Unito l’ha fatto Farage, ma anche Corbin, la stessa May, Boris Johnson. Bisogna vedere quali sono i valori associati al populismo, serve sempre un aggettivo per definirlo. «La democrazia – ha detto la Norris rispondendo a una domanda del pubblico – scivola, declina, se c’è una cattiva situazione economica. L’acido che corrode la fiducia dei cittadini-elettori li porta all’astensionismo o al populismo. Le campagne elettorali sono sempre più costose e i media tradizionali sono spesso restii a concedere spazi a tutti. Perciò chi ha più risorse veicola il populismo su web e social network. I populismi traggono vantaggio dai social. I media tradizionali sono oggi una forma minoritaria di approvvigionamento delle notizie.

Il presidente americano Trump nella campagna presidenziale del 2016 ha insistito su toni xenofobi e  populisti, ma i media tradizionali avrebbero avuto pudore a rilanciarli. Sono stati costretti, invece, a inseguire Trump sul terreno dei social. Mario Garofalo, giornalista del Corriere, ha stimolato così Pippa Norris nella conversazione a tre che ha visto protagonista anche la politologa italiana, naturalizzata statunitense, Nadia Urbinati. «I partiti digitali, populisti di sinistra, nati con un “flash” – ha rilevato la Norris – sono in crisi. Podemos in Spagna, Syriza in Grecia, Movimento 5 Stelle in Italia. Senza una struttura tradizionale è difficile governare la democrazia». Perché hanno successo i populismi? Perché danno un messaggio semplice, comprensibile a tutti, soprattutto agli scontenti e agli esclusi. Conquistano gli elettori non solo sui temi economici ma con una proposta «culturale»: ai valori consolidati dalla generazione dei baby boomers degli anni sessanta, come i diritti, la tolleranza sessuale, la parità di genere, la laicità, il cosmopolitismo, si stanno sostituendo i valori populisti di destra: autorità, sicurezza, ordine. Per Pippa Norris, poi, c’è un collegamento complesso tra il populismo e la riduzione dell’indice di democrazia: c’è un’intolleranza sociale, una difesa del proprio gruppo contro gli altri, un risorgere dei nazionalismi a scapito degli altri. Una sfida al sistema, alla corruzione, alla funzione pubblica, alla rappresentanza tradizionale. «Se ti senti poco sicuro – è la conclusione di Norris – hai bisogno di un leader forte. Ecco perché l’autoritarismo si combina con il populismo. Con il lento ma progressivo deterioramento delle democrazie costituzionali, sta crescendo un modello alternativo, che è quello dell’autoritarismo. Non credo che la democrazia stia morendo, perché non mi piacciono le letture catastrofiste, ma bisogna capire dove la democrazia sta andando». I dati internazionali dicono che nel 2017 l’indice di democrazia è calato in ben 89 paesi, cresciuto solo in 27 e rimasto stabile in 51.



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