Domenica, 14 Ottobre 2018 - 22:57 Comunicato 2508

Pietro Mennea, l'uomo prima del campione

«L’uomo che ha battuto il tempo», recita il sottotitolo del libro di Tommy Dibari. Pietro Mennea, però, insieme al tempo sconfisse anche le avversità, i destini imposti dalle periferie geografiche e sociali, grazie all’applicazione costante, alla tenacia, che unite al suo enorme talento ne fecero un atleta imbattibile. La grande performance, il record sono sempre il frutto di altri fattori oltre quelli fisici e sportivi. Il frutto di una volontà ferrea e di uno spirito di sacrificio che in quel ragazzo del Sud furono straordinari.
A cinque anni dalla scomparsa, Dibari racconta la storia della Freccia del Sud dall'esordio ai grandi successi sportivi, fino al ritiro. E poi la storia dell'uomo, dall'avvocato in doppiopetto fino all'ultima impresa: la corsa nel mondo della solidarietà con la sua Fondazione. Descrive, attraverso i passaggi cruciali di una carriera di altissimo livello (dal record mondiale di 19”72 nei 200 metri del 1979, durato ben 17 anni, all’oro olimpico di Mosca nel 1980), e di un’attività professionale altrettanto intensa, la storia esemplare del suo concittadino. L’uomo che, partendo dalla piccola Barletta, raggiunse il tetto del mondo, sempre sorretto da una incrollabile determinazione e da un’etica integerrima. Dibari ha scritto in prima persona, con partecipazione emotiva e ricchezza di particolari.

Questo libro non è una biografia su Pietro Mennea, ma uno scritto dove l'autore racconta la realtà declinata secondo le emozioni. Una storia reale ma fantastica.

Tommy Dibari, scrittore e autore televisivo, nel suo libro "Pietro Mennea, l'uomo che ha battuto il tempo" scritto per Cairo Editore con il supporto della Fondazione Casillo, dipinge un ritratto del tutto originale del grande velocista di Barletta. “Pietro Mennea” è riuscito a raccontare come un ragazzo del sud, sia riuscito a salire sul tetto del mondo con la sola forza di volontà e la costante applicazione. Pietro è uno dei più grandi atleti italiani, il re delle velocità, l'uomo, appunto, che ha battuto il tempo. Lo scrittore, anche lui di Barletta, con uno stile calibrato sulla misura di un romanzo-documentario, riporta alla memoria la vicenda esemplare di Pietro Mennea, "che ha insegnato e insegna ancora tanto al Paese e allo sport”.

Fausto Narducci, giornalista de La Gazzetta dello Sport, presentando questo libro, dialoga con l'autore e con Manuela Olivieri Mennea, la moglie di Pietro, che ne ha curato la prefazione e condiviso al progetto.

“Tutto è nato dal desiderio della Fondazione Casillo di affidarmi questo progetto per omaggiare la memoria di un grande campione nonché mio concittadino – racconta Tommy Dibari – così abbiamo creato un legame con Cairo e i famigliari di Mennea.  L’idea è di raccontare i valori e le radici del campione, coinvolgendo il mondo dello sport e in particolare gli studenti” perché Pietro aveva speso buona parte della sua vita anche per gli studi e l’impegno politico.

La Freccia del Sud è scomparsa il 21 marzo 2013 all’età di 60 anni ma i suoi insegnamenti resteranno per sempre nei cuori e nelle menti di sportivi italiani e non. L’immagine di Pietro Mennea scolpita nella memoria di tutti è quella del 28 luglio 1980: stadio Lenin di Mosca, Giochi della XXII Olimpiade. Per il boicottaggio degli Stati Uniti ai blocchi di partenza della finale dei 200 metri piani i favoriti sono il giamaicano Quarrie, il britannico Welles e l’italiano Pietro Mennea, 28 anni dalla Puglia, detentore del record del mondo, stabilito l’anno precedente alle Universiadi di Città del Messico con 19”72”. Sorteggiato in ottava corsia, l’atleta parte lento come al suo solito, ma la progressione è inarrestabile: quarto all’uscita della curva, nel rettilineo si mangia gli avversari uno dopo l’altro e va a vincere tagliando il traguardo per primo con 2” di vantaggio sul britannico. Pietro Mennea vince la medaglia d’oro entrando nella storia e lì rimane.

"Mennea è stato finora l'unico velocista bianco in grado di detenere un record del mondo, nei 200 metri, per oltre 6.000 giorni", aggiunge Dibari, "tutti conoscono le sue gesta sportive, ma davvero pochi sanno com'era l'uomo Mennea, un po' introverso, un po' ostinato, certamente tenace, un uomo con una storia incredibile, che andava raccontata e sono felice di averlo fatto io, che Mennea l'ho ammirato da bambino, da barlettano, da amante dello sport, da sognatore, da ragazzo del sud pronto a lottare contro tutto e tutti per coronare il suo sogno”.

Nella prefazione la moglie Manuela Olivieri regala al lettore alcuni aspetti intimi che facevano parte del mondo di Pietro. Nato da una famiglia modesta, la leggenda vuole che da piccolo Mennea si fosse guadagnato la fama in città sfidando in corsa i “macchinoni” dei ragazzi più ricchi: non c’erano Alfa Romeo o Ferrari che tenessero, Pietro in velocità le bruciava tutte. “Questo libro  - racconta la signora Olivieri Mennea - fa conoscere Pietro in maniera semplice; sono molto gelosa della nostra immagine e ho paura che venga travisata. Questo libro è diverso perché si legge tutto ad un fiato e racconta attraverso i passaggi più importanti, la vita di Pietro attraverso i miei occhi. La maggior parte dei libri su Pietro sono molto tecnici perché lui era geloso della sua privacy. Credo però che sia stato importante far conoscere anche il suo aspetto più umano.”

Dibari aggiunge: “Per noi gente del Sud, Mennea significava un sogno, un’occasione, la possibilità di farcela soprattutto per i giovani. In un luogo difficile come la nostra terra, ha realizzato i suoi sogni. Noi lo abbiamo visto come uno “staffettista” che prende i nostri sogni e li porta lontano. E quel “recupera recupera recupera” urlato prima del suo oro, una metafora per la nostra terra."

Un sogno che sembra impossibile che immagine diventa realtà.

“Quando ho conosciuto Pietro  - spiega Manuela Olivieri - pensavo fosse un pensatore, perché mi parlava di progetti irrealizzabili. Bisogna sempre pensare e sognare, diceva, le parole mai e impossibile non esistevano nel suo vocabolario. In verità questa è una mentalità che viene dallo sport, dove con la determinazione si può raggiunge qualunque cosa. E questo è il messaggio che Pietro lascia in eredità soprattutto ai giovani di adesso, così fragili, accanto all’importanza della sconfitta: solo chi non ha fatto nulla non ha mai subito una sconfitta”.



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