Venerdì, 21 Giugno 2013 - 02:00 Comunicato 1854

Oggi l'assemblea generale di Confindustria Trento. Le posizioni della Provincia.
"PIU' INDUSTRIA, PIU' LAVORO, PIU' BENESSERE"

Oggi a Levico l'assemblea generale di Confindustria Trento, appuntamento molto atteso sia dagli imprenditori sia dalle parti sociali ed istituzionali, al fine di tornare ad affrontare, assieme, i temi dell'economia, della fuoriuscita dalla crisi economica, del futuro stesso della comunità trentina. Rispetto ad essi, la posizione della Provincia autonoma di Trento - come espressa anche dall'assessore all'industria, artigianato, commercio e cooperazione Alessandro Olivi - può essere sintetizzato in tre concetti: "Più industria, più lavoro, più benessere". Un obiettivo che può essere raggiunto solo continuando a perseguire, con convinzione, un'alleanza di sistema, che coinvolga le imprese, le istituzioni, le parti sociali e la politica.
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Se sul piano nazionale si è imposta la formula del "governo del fare", in Trentino la Provincia è consapevole di dover fare un passo molto più lungo, cioè il "governo del fare meglio". Ciò significa focalizzare le risorse sulla priorità della ripartenza, anche a costo di scontentare qualcuno, pur di scuotere le potenzialità insite in tutte le componenti del sistema, mettendo al centro le imprese, perché spetta in primo luogo ai trentini stessi farsi carico della crisi. E' sbagliato peraltro aspettarsi cure miracolose da improvvisati "profeti": il Trentino non ha bisogno di miracoli, dati i suoi robusti equilibri economico-sociali, ha soltanto bisogno di farli emergere nel lavoro, nello studio e nella solidarietà.
Bisogna dunque ricostruire la fiducia che si è affievolita in tutte le maglie del tessuto sociale; dal credito alle imprese, dalle istituzioni ai cittadini, tutti devono essere consapevoli che il Trentino ce la può fare: le basi del sistema sono solide, occorre soltanto lavorare e studiare di più e meglio, privilegiando soprattutto chi ha più energie. A quest'ultimo fine non bastano più i piccoli correttivi, occorre frantumare il macigno dell'eccesso di regolamentazione e di burocrazia, attraverso un profondo ripensamento dell'impianto normativo dell'Autonomia.
Il piano di semplificazione in corso sta dando i primi risultati, ma ormai non si tratta soltanto di leggi da sfoltire e di controlli ossessivi da abolire, è soprattutto una questione di coraggio: meno potere ai "controlli-freno", più potere ai "controlli-impulso", anche attraverso forme di affiancamento delle imprese, spingendosi fino alla sperimentazione di formule di autodisciplina ed autocontrollo affidate alle parti sociali ed imprenditoriali. Perché se un'impresa danneggia il territorio, o non rispetta i contratti, o aggira gli obblighi negoziati con la Provincia, i primi offesi non sono gli Assessori né i burocrati, sono gli imprenditori seri.

A più forte ragione, dunque, è necessario guardare ad un patto di mutuo sostegno fra le forze sociali capace di riscattare il territorio da quel deficit di produttività che è il nodo più critico del sistema.
Per questo, negli ultimi atti della legislatura la Provincia, in particolare con la Finanziaria 2013, ha previsto lo sconto Irap per gli incrementi salariali legati alla produttività, per le aziende "virtuose" con incremento della produzione o dell'occupazione di almeno il 5 per cento o che aderiscono ad un contratto di rete e per i contratti di solidarietà "espansivi". Inoltre la Provincia ha esteso l'esenzione quinquennale Irap alle iniziative di rilancio di attività cessate, garantendo i livelli occupazionali, e previsto aiuti finanziari per le imprese che, non potendo più ricorrere agli ammortizzatori sociali, intendano comunque promuovere contratti di solidarietà nel contesto di progetti di riorganizzazione aziendale (la legge 9 del maggio 2013, "Ulteriori interventi a sostegno del sistema economico e delle famiglie").
Sono misure emblematiche della ferma volontà di valorizzare e sostenere la pluralistica vitalità innovativa del tessuto imprenditoriale. L'obiettivo è di tenersi strette le aziende locali e rafforzarne la multiforme trama, incoraggiando anche alcune concentrazioni competitive, come le filiere dei prodotti tipici, legno e pietra, o le tecnologie abilitanti, come l'ICT e la meccatronica.
Su questo fronte, vanno ignorate critiche e speculazioni qualunquistiche, chiaro esempio di autolesionismo, come quelle che con insistente ricorrenza intonano il de profundis della manifattura. Non sta alla politica decidere quali imprese abbiano diritto di domicilio nell'economia del domani, perché non è la politica, ma il mercato, con tutti i suoi limiti, a temprare lo spirito imprenditoriale. Esperienze virtuose (come quella tedesca) dimostrano che il manifatturiero può ancora oggi trainare l'economia, costretto com'è a "nutrirsi" di crescita e di innovazione, specie se riusciremo ad incrementare la creazione di valore partendo dalla conoscenza, attraverso la ricerca e le imprese innovatrici. L'obiettivo ultimo, tutt'altro che utopistico, è un sistema a "competitività integrata", diversificato ma fertilizzato dai poli di eccellenza. E ciò non "malgrado" ma "grazie" anche al manifatturiero, instancabile generatore e diffusore di competenze.

I dati sui progetti aziendali di ricerca sono incoraggianti: nel 2012, nonostante la crisi, ci sono state 103 domande da parte di 110 imprese e una spesa prevista di 84 milioni, con un incremento di domande del 7% rispetto al 2011.
"Fiducia" significa anche valorizzare in tutte le sue declinazioni il principio di sussidiarietà; ciò significa completare la profonda ricomposizione dell'assetto istituzionale, avviata in questa legislatura, attraverso una triplice migrazione di poteri: dagli apparati burocratici agli enti "di sistema" per le funzioni specialistiche; dalla Provincia alle comunità locali per la cura dei territori; dal pubblico al privato per gli interventi affidabili al mercato. Queste riforme, così come il Piano di miglioramento dell'amministrazione, avranno senso se faranno recuperare dinamismo e sobrietà nella macchina pubblica per rilanciare l'impresa.
L'azione pubblica deve dunque curvare verso il sostegno delle libere scelte aziendali di investimento. Per questo la Provincia ritiene che il tempo degli incentivi non sia per nulla finito, ed ha lavorato per riformarli, secondo alcune idee-guida, che hanno in comune la qualità: ricerca e innovazione, internazionalizzazione, imprenditorialità giovanile e femminile, reti d'impresa. In questo modo gli incentivi semineranno utile sociale, come attestano le 22 imprese che hanno sottoscritto con la Giunta provinciale e il Sindacato accordi negoziali consolidando 1.600 lavoratori.
Perciò, nonostante la contrazione delle risorse, sono stati allocati a favore delle imprese circa 150 milioni di euro ogni anno, con prevalenti procedure "a sportello", che hanno consentito di accompagnare la quasi totalità delle imprese disposte ad investire sul territorio e di lasciare spazio a massicci interventi "di sistema", come attesta il patrimonio gestito da Trentino Sviluppo, che ne è la principale protagonista, pari oggi ad oltre 1 miliardo di euro.
Con questi strumenti è stata rinvigorita, grazie alla collaborazione di tutti, la "squadra" dell'imprenditoria trentina, nonostante infortuni e malattie stagionali. Ma l'obiettivo dev'essere anche quello di attirare nuovi "giocatori", cioè imprese a capitale esterno, visto che alcuni "campioni", così come giovani promettenti (sostenuti dai progetti per l'imprenditorialità giovanile e per le start-up), stanno fortunatamente guardando al Trentino come possibile approdo per nuove iniziative, con un positivo effetto di "contaminazione".
Poi, tutti in campo, a giocare la partita del mercato senza trucchi e ad armi pari, con appalti liberi e trasparenti, orientati a premiare la qualità dell'offerta.
La fiducia - è ancora opinione della Provincia - non va distribuita a parole, quanto piuttosto continuando a tirare il carro dell'economia trentina, un po' impantanato, anche se meno di altri, ma carico di preziose risorse umane, tecnologiche e imprenditoriali che prima o poi potranno riprendere a marciare su un terreno meno impervio.
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