Giovedì, 12 Luglio 2012 - 02:00 Comunicato 2124

Questo pomeriggio si è esibita sui Prati di San Giovanni nel Primiero per "I Suoni delle Dolomiti"
PATRIZIA LAQUIDARA TRA DIALETTO E TRADIZIONE

Un progetto originale, capace di unire sonorità di provenienza eterogenea a miti e lingua dell'Alto Vicentino, ha conquistato il pubblico de "I Suoni delle Dolomiti". A proporlo - oggi pomeriggio sui Prati di San Giovanni nel Primiero - la vocalist veneta con un live set intenso, che ha potuto contare anche sulla presenza del quartetto vocale "Le canterine del Feo".-

Ci sono capolavori del Novecento che sembrano dover rimanere ineguagliati. Uno di questi, rappresentativo delle radici popolari di quest'Italia contemporanea, è "Libera nos a Malo" di Meneghello. Un affresco di storia locale nel quale mondo popolare e alta cultura si sono sciolti insieme grazie alla penna, alla sensibilità e alla lingua utilizzata dal grande scrittore vicentino, scomparso pochi anni or sono. Eppure se è raro incontrare opere così originali e acute a livello letterario, bisogna ammettere che nel solco di quella tradizione qualche erede è pur nato. È questo il caso, in musica, di Patrizia Laquidara che guarda caso proprio da Malo proviene e che ha trovato un'ottima spalla nel paroliere Ennio Sartori, anche lui degli stessi luoghi. La cantante vicentina d'adozione ha dato buona prova di questo con il concerto proposto quest'oggi sui Prati di San Giovanni nel Primiero per "I Suoni delle Dolomiti".
Il suo progetto musicale denominato "Il canto dell'Anguana" ha unito leggende tipiche dell'Alto vicentino, ispirate alla figura mitologica dell'Anguana (metà essere umano e metà serpente) con sonorità provenienti da luoghi diversi. Un mix estremamente affascinante, in cui si sono riconosciute melodie di chiara provenienza del nord Italia ed altre con ascendenze ben diverse: dal Mediterraneo all'Italia padana e collinare. Su tutto si è stagliata, seducente, appassionata e a tratti eterea la voce di Laquidara, che ha potuto contare su un ricco e armonico accompagnamento strumentale, grazie a Maria Vicentini al violino, Thomas Sinigaglia alla fisarmonica, Giancarlo Bianchetti alle chitarre acustiche, Davide Garattoni al contrabbasso, Nelide Bandello e Luca Nardon alla sezione ritmica.
Il pubblico, numeroso e attento, ha potuto imbarcarsi con la vocalist veneta in un viaggio molto originale alla scoperta delle leggende ma anche della lingua, quella vicentina, che porta con sé suoni e storie come quelle de "Jente de la me tera" o "L'acqua fioria".
Tra ritmi, assoli di fisarmonica e trascinanti pezzi ritmici sono passate anche "Hommage ad Anton Pann" e "La fumana". Ma in questo progetto dedicato alle tradizioni popolari non potevano mancare anche le depositarie più autentiche di quel mondo e quasi subito, sul palcoscenico, accanto a una Laquidara danzante, fasciata in un vestito rosso acceso e scalza, hanno fatto capolino le quattro "Canterine del Feo" (over settanta), che hanno proposto canti della tradizione popolare italiana e veneta da "Dove te vet o Marietina" a "La strada del bosco", passando per "Me compare Giacometo" e vari bis, che a fine esibizione il pubblico ha richiesto e ottenuto.
Così in una sorta di canto e controcanto, dove il dialetto l'ha fatta da padrone, sono arrivati anche altri brani di Patrizia Laquidara come "Reina d'ombria", "Nota d'Anguana", l'omaggio al fiume che passa per Malo "Livergòn", il velocissimo scioglilingua "Tiketetanda" e la finale "Titatata". Prima di lasciare il palco alle quattro "canterine", la cantante vicentina ha salutato tutti con una toccante ninna nanna eseguita senza alcun accompagnamento strumentale: "Dormi putin". (ac)

Info: www.isuonidelledolomiti.it -