Sabato, 02 Giugno 2012 - 02:00 Comunicato 1585

Uno studio internazionale svela che sono i giovani a pagare il prezzo più alto per l'incertezza nel prendere decisioni importanti
PAESE CHE VAI, GLOBALIZZAZIONE CHE TROVI

Paese che vai, globalizzazione che trovi. Pare proprio che la famigerata globalizzazione stia facendo sentire i suoi effetti sulla vita di ciascuno di noi in maniera differente, a seconda di dove uno abita. E – almeno questa – dovrebbe essere una certezza se a dircelo è un ambizioso studio durato ben sei anni e che ha visto 70 studiosi coinvolti ad analizzare gli effetti della globalizzazione su quattordici nazioni. A riferircene è Hans-Peter Blossfeld – sociologo autore di ben 23 libri e oltre 190 articoli – che ha coordinato quella che potremmo definire una ricerca monstre.-

"L'elemento più importante che è emerso dai dati e dalle nostre ricerche è stato che non è vero che la globalizzazione produce un effetto di omogeneizzazione uguale in tutto il mondo – ha sottolineato Blossfeld alle "Visioni" del Festival dell'Economia– e questo per due motivi principali: il primo è che gli effetti della globalizzazione, che di per sè sarebbero anche similari, vengono poi differenziati da tutta una serie di filtri istituzionali che chiaramente variano da Paese a Paese: il secondo motivo è che in un'epoca di incertezze come questa (amplificate dalla globalizzazione stessa) tendiamo a agire secondo quanto vediamo fare dalle persone che ci sono vicine. Ecco quindi che la risposta alle difficoltà di questo terzo millennio reagiamo secondo gli schemi culturali del mondo che ci circonda e che varia se non da Stato a Stato, almeno da continente a continente".
L'incontro è stato introdotto da Stefano Feltri – giornalista de Il Fatto Quotidiano – che ha sottolineato un aspetto peculiare di questa indagine e cioè che parla di globalizzazione non solo da un punto di vista economico ma anche umano: analizza cioè le sue conseguenze sulla nostra vita di tutti i giorni, sulle grandi decisioni che prendiamo nel corso della nostra esistenza.
Un altro aspetto che Blossfeld ci ha fatto capire è che con la globalizzazione tutto diventa più rapido ma, al tempo stesso, non è così per tutti i Paesi: "Non dobbiamo pensare che questo fenomeno includa tutte le nazioni del mondo, molte sì ma non tutte. Certo nel mondo occidentale gli effetti ci sono e tra questi la grande difficoltà di prendere le decisioni di lungo periodo è sicuramente uno degli aspetti più negativi. Tutto è troppo in continua evoluzione" - ha detto senza mezzi termini il sociologo - Ecco quindi che, sia per gli uomini che per le aziende, che gli orizzonti temporali sono sempre più brevi".
Ma le angosce della globalizzazione non colpiscono tutti allo stesso modo. Così come sferzano in modo diverso i vari Paesi, esse attanagliano in modo irregolare anche i diversi gruppi sociali. E' il caso dei giovani: "In realtà il problema dei giovani – soprattutto in Europa – è vecchio di vent'anni ma la globalizzazione ne ha amplificato l'asprezza – ha detto Blossfeld – Sono cambiati in peggio i contratti di lavoro, è aumentata la disoccupazione, e non solo in Europa ma direi in tutto il mondo". L'incertezza per il posto di lavoro e, conseguentemente, l'oggettiva difficoltà a prendere le decisioni importanti della vita come sposarsi o fare dei figli sono il fardello sulle spalle delle giovani leve.
"I giovani sono i perdenti della globalizzazione" con questa frase Blossfeld ha voluto sottolineare tutta la pesantezza di questa amara realtà.

Per seguire e partecipare online al Festival l'hashtag ufficiale è #festivaleconomia

-