Domenica, 14 Ottobre 2018 - 20:38 Comunicato 2503

Oscar De Pellegrin: «Se non vivo sentendomi disabile è solo grazie allo sport»

Campione paralimpico, tedoforo alle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e portabandiera alle Paralimpiadi di Londra 2012, De Pellegrin mette a nudo, nel corso della presentazione della sua biografia “Ho fatto centro”, il buio dopo l’incidente che lo ha paralizzato dalla vita in giù, e la forza ritrovata: «Sono arrivato a pensare che sarei stato meglio morto, che su una sedia a rotelle, poi il tiro con l’arco mi ha fatto capire che esiste un giorno in cui nasci e uno in cui capisci il perché. Il mio perché è lo sport»

Il suo “incontro col destino”, come lo definisce, arriva nel 1984, quando sta lavorando su un trattore, ma perde il controllo del mezzo, che si rovescia e lo schiaccia. «Da lì, la fine della mia vita come la conoscevo, quella da ragazzo alto e moro, che piaceva a tutti» - racconta Oscar De Pellegrin - «e comincia invece la mia seconda vita, quella da uomo alto un metro e cinquanta e con quattro ruote, guardato storto dalla gente. Un uomo che in un primo momento si chiude in casa, facendo delle mura domestiche una salvezza e, allo stesso tempo, una prigione, e che trova la vera rinascita e la libertà solo quando incontra lo sport». Dopo aver provato diverse discipline parasportive, infatti, il campione bellunese imbocca la via del tiro a volo, con cui conquista due bronzi, a Barcellona nel ’92 e ad Atlanta nel ’96. Ma la sua essenza è completa solo quando incontra l’arco: «Nel tiro con l’arco non fa alcuna differenza che tu sia normodotato oppure no»- spiega - «e poi si confaceva al mio carattere introverso». Un’accoppiata vincente, che lo porta a vincere un oro a squadre e un bronzo individuale a Sydney nel 2000, un bronzo a squadre a Pechino nel 2008 e un oro a Londra nel 2012. Ma quella di Londra è anche la Paralimpiade in cui porta la bandiera nazionale: «Un’emozione indescrivibile» - spiega - «tanto più che, a mio avviso, da quell’anno in avanti è avvenuta la vera rivoluzione nello sport con disabilità: le tv e il pubblico hanno cominciato ad interessarsi agli atleti paralimpici. La speranza è che in futuro ci si focalizzi, in ambito agonistico ma anche nella vita quotidiana, sempre meno sulla carrozzina su cui una persona siede e sempre più sulla persona in sé». In questa direzione, prosegue, «va tutto il mio lavoro attuale, dall’associazione Assi Onlus di cui sono presidente, alla mia presenza nelle scuole, ad ancora il libro, “Ho fatto centro”. Quest’ultimo desideravo che diffondesse la mia esperienza, ma soprattutto trasmettesse i miei valori, per questo ho scelto di farlo, nonostante i tanti “corteggiatori”, con due persone che hanno vissuto la mia stessa esperienza». Lo stesso incontro con il destino, in tempi diversi della vita, è toccato infatti tanto a Francesca Mussoi, maestra elementare e autrice di libri per bambini, e a Marco D’Inca, giornalista, i due autori della biografia di De Pellegrin, edita Infinito Edizioni. «Lo sport è la chiave dell’inclusione sociale, messaggio alla base del libro» - spiegano, concordi nel dibattito come nella scrittura - «lo sport è quello che ha permesso a Oscar di vivere una vita piena, di affrontare le difficoltà, di far sì che il suo percorso avesse un lieto fine». Un cammino di positività che si riflette nel vocabolario, incluso nel piccolo volume per volere della Mussoi e del suo spirito didattico-favolistico, «a cui ad ogni lettera abbiamo fatto corrispondere un valore della vita di questo campione. Il solo punto negativo è la lettera “enne”, associata a “non ce la faccio”, una frase che non deve esistere nella vita di nessuno».



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