Sabato, 12 Ottobre 2019 - 14:30 Comunicato 2515

Olmo e Gregoretti, cuore e fatica per imprese straordinarie

Marco Olmo, vincitore di numerosissime competizioni estreme, molte delle quali nel deserto africano, e Stefano Gregoretti, trailrunner in sfide al limite del possibile come quella tra i ghiacci del Canada Artico. Oggi al Festival dello Sport; a confronto, fuoco e ghiaccio, due elementi, entrambi naturali, ma con profonde differenze, a partire dagli esordi delle rispettive storie, dalla natura delle loro competizioni e dal rapporto con la solitudine. “Ogni spedizione che ho fatto - racconta Gregoretti - è valsa per un minuto di quel viaggio. E’ quando sai di dare il centodieci per cento - continua Stefano - per salvarti da una situazione altamente critica, che capisci quanto valga la pena scoprire che puoi anche non tornare. Quei momenti di estrema difficoltà ti servono per riparametrare le difficoltà della tua vita quotidiana”. Dei suoi 9000 km percorsi nel deserto, Olmo dice: “Correre nel deserto è correre nel grande vuoto, qualcosa di unico che non si può provare nelle nostre montagne, davanti ad immagini favolose a al sentirsi un niente di fronte a tutto questo. Quando partecipiamo a queste competizioni in territori estremi ci sentiamo dei super uomini ma in verità corriamo in sicurezza e con ogni comfort. I veri eroi sono quelli che abitano lì e devono lottare ogni giorno per sopravvivere”.
Un pensiero a cui si associa anche Stefano: “Ogni deserto non vale per le sue conformità morfologiche ma chi lo disegna sono le popolazioni che vi abitano. Nelle mie spedizioni ho la fortuna di vivere con loro, di incontrarli e di parlarci, sono loro le “perle” che mi fanno pensare quando sono a casa.”

Se la fatica li unisce, molti sono gli aspetti che li dividono: il confronto tra due ultramen, due runners no limits in un mondo dove si viaggia "a fari spenti", Marco Olmo e Stefano Gregoretti, presentati dal giornalista di SportWeek Luca Castaldini.

Marco Olmo, classe 1948, è vincitore di numerosi ultra trail. All’età di 40 anni ha iniziato ad affrontare competizioni estreme nel deserto africano, quali la Marathon des Sables, 230 km in autosufficienza alimentare nel deserto marocchino, la Desert Cup (168 km nel deserto giordano), la Desert Marathon in Libia e la Maratona dei 10 Comandamenti (156 km sul Monte Sinai). Ha gareggiato in Martinica nel Tible Raid, dove si è piazzato quinto, e ha partecipato anche alla Badwater Ultramarathon nel deserto della California: 135 miglia non-stop tra la Valle della Morte e le porte del Monte Whitney che si corrono con temperature che superano i 126°F (circa 52 °C). A 58 anni è diventato Campione del Mondo vincendo l'Ultra Trail du Mont Blanc: 167 km attraverso Francia, Italia e Svizzera oltre 21 ore di corsa ininterrotta attorno al massiccio più alto d'Europa. Ha vestito la maglia azzurra in due occasioni: nel 2002 per partecipare alla 24 ore di corsa a Gravigny in Francia classificandosi 23° (199 km 931 m), e nel 2009 in occasione del Campionato del Mondo IAU individuale di UltraTrail a Serre Chevalier sulle alpi francesi; ottenendo un 14° posto in classifica generale e arrivando 1° nella categoria veterani. Nel 2016 vince in Bolivia l'Ultra Bolivia Race: quasi 170 km in 6 tappe nel deserto boliviano attorno ai 4000 m di altitudine.

Stefano Gregoretti, nato nel 1974, ha praticato nuoto dall’adolescenza e ha frequentato le piste da sci da discesa sulle Dolomiti praticando solo più tardi lo sci alpinismo, che tutt’ora predilige. Si avvicina alle competizioni agonistiche nel 2006, a 32 anni, con il Triathlon. Diversi gli Iron Man portati a termine (3,8 km di nuoto, 180 km di bici, 42 km di corsa), in Europa e negli Stati Uniti. Ma già dal 2008 abbraccia in pieno lo sport che diventerà quasi ragione di vita e passione indiscussa, il trailrunning, la corsa fuoristrada. Nel giro di soli 5 anni, questa passione lo porterà dalle gare più importanti a livello nazionale, fino alla vittoria di ultratrail internazionali: secondo posto in Nepal nella 250 km di Racing the Planet (2011); secondo posto alla Grand to Grand Ultra,  270 km tra i Canyon di Utah e Arizona (2012); primo posto Yukon Artic Ultra 100 miglia, nel gelo invernale del nord del Canada (2013); primo posto Gobi March, 250 km nel deserto del Gobi (Cina) con Racing the Planet (2013). È nell’aprile del 2014 che Stefano, il canadese ultrarunner Ray Zahab ed altri due atleti canadesi, portano a termine una sfida al limite del possibile tra i ghiacci del Canada Artico, Isola di Baffin. Ed è record: solamente 47 ore per percorrere 150 km, passo sul ghiacciaio compreso, trainando una slitta di 40 kg, con 51° gradi sotto lo zero e il vento gelido dell’artico. A gennaio 2015 sono stati protagonisti di un’altra sfida epica: in 20 giorni hanno percorso 1000 km, in media 50 al giorno, partendo dalla costa dell’oceano Atlantico nel deserto della Patagonia, fino ad arrivare oltre le Ande, a lambire il Pacifico.

Oggi, il confronto tra i due parte dagli esordi: Marco ha vissuto la sua infanzia in un periodo difficile del Dopoguerra, dove lo sport senza dubbio non era una priorità. Ha iniziato a correre a 27 anni, per caso, nella corsa del paese dove peraltro arrivò ultimo. Dopodiché ci sono solo i 200mila chilometri che ha corso nella sua carriera, pari a cinque volte il giro della terra. Stefano invece era un ragazzo particolarmente tranquillo, i suoi genitori lo chiamavano “magnador” perché mangiava e dormiva. Una scoliosi in età adolescenziale lo costrinse al nuoto e a forza di pianti si appassionò a questo sport insieme alla corsa e alla bicicletta. “Ogni spedizione che ho fatto - racconta Gregoretti - è valsa per un minuto di quel viaggio. Con il tempo ho capito che ogni chilometro che percorrevo aveva un peso, orgoglioso di averlo vissuto in un territorio estremo. E’ quando sai di dare il centodieci per cento  - continua Stefano - per salvarti da una situazione altamente critica, che capisci quanto valga la pena scoprire che puoi anche non tornare. Quei momenti di estrema difficoltà ti servono per riparametrare le difficoltà della tua vita quotidiana”.
Ma come scorre la vita quotidiana di due atleti estremi? Marco ha sempre lavorato nelle cave mentre Stefano è agronomo. Tra le due esperienze alcuni tratti comuni ma anche differenze. Le gare di Olmo sono altamente organizzate e si corre in estrema sicurezza, mentre le spedizioni di Gregoretti sono ad alto rischio.
Dei suoi 9000 km percorsi nel deserto, Olmo dice: “Correre nel deserto è correre nel grande vuoto, qualcosa di unico che non si può provare nelle nostre montagne, davanti ad immagini favolose a al sentirsi un niente di fronte a tutto questo. Quando partecipiamo a queste competizioni in territori estremi - continua Marco - ci sentiamo dei super uomini ma in verità corriamo in sicurezza e con ogni comfort. I veri eroi sono quelli che abitano lì e devono lottare ogni giorno per sopravvivere”. Un pensiero a cui si associa anche Stefano: “Ogni deserto non vale per le sue conformità morfologiche ma chi lo disegna sono le popolazioni che vi abitano. Nelle mie spedizioni ho la fortuna di vivere con loro, di incontrarli e di parlarci, sono loro le “perle” che mi fanno pensare quando sono a casa.”
E quando si parla di estremo necessariamente di parla di solitudine. “Preferisco la solitudine - racconta Olmo - sia quando mi alleno sia in gara. Soprattutto perché risparmi fiato nel non dover parlare con l’avversario - scherza - come dice Clint Eastwood “se risparmi fiato ce la fai”. Altra storia per Stefano che “non parte se è da solo”. E c’è da capirlo.
Imprescindibile anche la domanda “chi ve lo fa fare?”. Gregoretti: “Ho vissuto in un’epoca quando gli esploratori come Bonatti, Fogart e Messner, andavano dove non c’era niente, erano dei miti e io volevo essere come loro. Se ho continuato ad andare in piscina non era per guarire dalla scoliosi ma perché volevo provare quello che facevano questi miti. Lo sport mi ha dato la possibilità, insieme all studio, di essere curioso e di andare a vedere quei punti bianchi sulla mappa e di vedere con i miei occhi”.
E’ il gusto della scoperta che con la fatica e il cuore porta ad imprese straordinarie e ultra-umane.



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