Domenica, 12 Ottobre 2025 - 18:38 Comunicato 2974

Mkhitaryan, una vita “sempre al centro” e il grande amore per il calcio

Lunga coda e tutto esaurito al Teatro Sociale di Trento per l’incontro con Henrikh Mkhitaryan, il centrocampista dell’Inter (ex Roma ma con importanti esperienze anche in Premier League) che ha raccontato la sua vita all’interno dell’autobiografia ‘La mia vita sempre al centro’. Dalla scomparsa del padre quando l’armeno era un bambino fino al rapporto tra luci e ombre con Mourinho, la carriera di Mkhitaryan è stata un’altalena di esperienze tra campionato inglese e Serie A, trofei e momenti difficili. Ma al centro di tutto, la felicità di giocare a pallone, sempre ‘al centro’ della sua vita in cui, ad oggi, ha disputato 771 partite e realizzato la bellezza di 196 gol.
HENRIKH MKHITARYAN: UN FENOMENO INTERNAZIONALE Nella foto: Filippo Conticello, Henrikh Mkhitaryan [ Nicola Eccher - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Oggi Henrikh Mkhitaryan è diventato un ‘fenomeno internazionale’. Proprio come il titolo dell’evento a lui dedicato in quest’ultima giornata del Festival dello Sport. Ma la vita di Mkhitaryan è iniziata in salita, rispetto al successo ottenuto in seguito: “Per colpa di una malattia ho perso mio padre quando ero bambino. È stato lui a portarmi al primo allenamento – ha ricordato il campione armeno. – Al secondo allenamento mi ha portato mia madre, ma dopo un quarto d’ora sono uscito piangendo. Prima di andarsene, papà mi disse che dovevo diventare una brava persona, indipendentemente da ciò che avrei fatto nella vita. Oggi sarebbe fiero di me, come il resto della mia famiglia anche se mia nonna, per la verità, mi voleva cantante e non calciatore”.

La prima, grande esperienza di Mkhitaryan è stata allo Shakhtar Donetsk, in Ucraina, con mister Lucescu: “È stato come un padre, ma in un momento in cui il calcio era completamente diverso rispetto ad oggi. Attualmente è diventato tutto un altro sport”. Poi, al Borussia Dortmund, il rapporto con Klopp: “Lui è un uomo che risolve tutti i problemi – ha aggiunto Mkhitaryan. – Ho avuto qualche problema personale in quel periodo e Klopp è sempre stato disponibile ad ascoltarmi. Quando arrivò Tuchel pensai di andarmene, ma restare fu la scelta giusta”.

Poi la chiamata di Mourinho al Manchester United, nel 2016: “Mi ha chiamato e mi ha detto che voleva che giocassi per lui. Un’opportunità che capita una volta nella vita. Ho avuto delle difficoltà, ma mi ha fatto crescere come uomo: voleva sempre mettermi in difficoltà per farmele superare. Non abbiamo avuto un brutto rapporto, ma è sempre stato un confronto poco piacevole. Però mi ha fatto capire come funziona davvero il mondo del calcio”. E dopo la finale di Europa League vinta nel 2017, Mourinho ha lasciato un segno indelebile: “Nonostante il successo, mi ha dato la mano. Ma anche facendo questo, mi ha dato una lezione per crescere”.

Poi il passaggio all’Arsenal, la squadra del cuore e il sogno nel cassetto di Mkhitaryan, con una figura paterna come mister Wenger: “Con lui ho trascorso sei mesi bellissimi, ma nel tempo ho capito che non era l’esperienza giusta per me. Sono felice di aver raggiunto questo traguardo, ma sono andato via perché non ero più felice di giocare e di essere un calciatore”. Terminata l’esperienza in Premier League, il 2019 è l’anno dell’arrivo in Italia: “Ero in bilico tra Roma e Milan, ma scelsi i giallorossi. Presi un aereo dopo Arsenal-Tottenham e arrivai in un luogo pazzesco con una piazza davvero calda. Ho vissuto tre anni piacevoli, ritrovando la felicità di giocare a calcio. Mourinho? Dopo aver vinto l’Europa League, abbiamo conquistato anche la Conference con un rapporto completamente diverso. Ho capito la sua mentalità, ero una persona diversa”. E poi una nuova avventura, quella dell’Inter: “Mourinho cercò di trattenermi, ma avevo già dato parola ai neroazzurri – ha aggiunto l’armeno. – Con Inzaghi ho vissuto tre anni ottimi, mi ha dato una seconda giovinezza. Un allenatore, padre, amico e conoscitore di calcio, con cui puoi parlare di tutto ma rispettando i limiti. La finale di Champions con il PSG? Forse si è parlato troppo del possibile addio di Inzaghi e meno della partita e questo ha influito anche su di noi”.

Alla base di questa straordinaria carriera, il rapporto con l’agente Mino Raiola, ‘scelto’ da Mkhitaryan per arrivare sui grandi palcoscenici europei: “Mi ha sempre aiutato e dato consigli, con un rapporto quasi padre e figlio, di grande amicizia. Una volta mi ha chiesto se volevo soldi o carriera ed io ho scelto il calcio. Oggi forse le cose sono cambiate: la felicità non sono i soldi ma sono in ciò che fai, nelle emozioni, nel divertimento e nella curiosità di fare ciò che si ama ogni giorno. Sono questi ricordi che ti restano per tutta la vita, non i soldi”.

(nm)


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