Venerdì, 25 Settembre 2020 - 19:37 Comunicato 2214

Metà del petrolio al mondo è rubato

Il petrolio è l’oro nero. Da sempre siamo stati abituati a considerarlo come linfa del prodotto industriale, della mobilità e persino della nostra quotidianità, perché ogni cosa è fatta di petrolio dalla plastica ai tessuti sintetici fino all’energia elettrica, se prodotta attraverso il petrolio. È il bene più prezioso al mondo, ma anche quello che crea più conflitti e squilibri nella geopolitica mondiale. Dietro a questa guerra dell’energia, però, le leggi internazionali non sono in grado di proteggere la proprietà delle risorse naturali e quindi vige il regolamento della compravendita e di chi detiene il controllo di un territorio. Ecco perché, al mondo, metà del petrolio è rubato. Oggi stiamo vivendo una fase di rinnovata competizione per le energie rinnovabili, con una forte spinta alla decarbonizzazione, verso un mondo senza petrolio. Una trasformazione che non sarà immediata, né senza conseguenze.

Al Festival dell’Economia di Trento un incontro dibattito moderato dal giornalista del Corriere della Sera Massimo Gaggi per parlare di guerra dell'energia insieme a due accademici esperti in materia. 

Leif Wenar - già autore del libro "Il Re Nero (2016)" è titolare della cattedra di Filosofia e diritto al King's College di Londra e fondatore di Clean Trade, una campagna apolitica a sostegno dei diritti umani nell'approvvigionamento delle risorse - ha spiegato che “Seppur ferme al 5% dell’energia disponibile al mondo, le rinnovabili sono in continuo aumento. E nel quadro geopolitico mondiale è abbastanza evidente che in alcuni Paesi esistono gruppi di potere e governi solo ed esclusivamente perché si reggono sull'economia derivante dalla compravendita di questo bene così prezioso che è il petrolio. Ma chi ne determina i diritti di proprietà? Non esistono leggi internazionali in tal senso, e negli Stati dove la sovranità popolare delle risorse non è applicata, le risorse naturali stesse sono una maledizione che calamita morte e povertà. Una maledizione cui noi occidentali contribuiamo in modo consistente. È possibile impedire che si arricchiscano in tal modo le dittature? Wenar non è convinto che la democrazia si possa “esportare” con le armi, nel rispetto dell’autodeterminazione dei popoli, ma intravede una possibile soluzione nell’adottare un approccio di tipo “fair trade” basato sul rispetto effettivo di principi già oggi incardinati nel sistema di diritto internazionale (la sovranità popolare delle risorse e i diritti di proprietà).

A seguire è intervenuta Valeria Termini, professore ordinario di Economia politica all’Università Roma Tre, già autore de "Il mondo rinnovabile (2018)", che ha riassunto il quadro storico connesso alla guerra dell’energia. Quella che stiamo affrontando è la terza, in ordine cronologico, transizione energetica: dopo quella del carbone e quella del petrolio, oggi tendiamo a un nuovo modello economico che dovrebbe basarsi su fonti rinnovabili, naturali, combinate con la rivoluzione digitale che ne consente l’uso e la produzione decentrata. Ma questo cambiamento porterà realmente alla fine della geopolitica dell’energia? Difficile crederlo, piuttosto ci sarà un profondo cambiamento rispetto a quello che è lo stato attuale delle cose. Da una parte quei Paesi attualmente importatori di petrolio e gas naturale, se sapranno coglierne l'opportunità potranno vivere una nuova fase di sviluppo promuovendo la creazione di posti di lavoro e crescita economica. Dall’altra, ci saranno conseguenze inevitabili di instabilità per quei Paesi esportatori di combustibili fossili, che dovranno reinventarsi alla luce di una nuova era energetica. Cresceranno anche i rischia di sicurezza legati a reti elettriche e allo sfruttamento di minerali.

Nonostante tali sfide, la transizione energetica globale sta conducendo il mondo nella giusta direzione, ed in questo l'Europa, secondo la Termini sta giocando un ruolo cruciale, per dare una risposta efficace ad un altro grande rischio geopolitico del Ventunesimo secolo: il cambiamento climatico.



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