Venerdì, 24 Maggio 2024 - 19:55 Comunicato 1292

Medio Oriente, la pace è possibile: l’auspicio del Festival

Dove va il Medio Oriente? Verso una pace possibile. Questo l’auspicio formulato dal rappresentante speciale dell’UE per la Regione del Golfo nel confronto a quattro voci dedicato appunto a “Quo vadis Medio Oriente” per il secondo pomeriggio della kermesse trentina. La speranza è dunque che dopo un cessate fuoco sostenibile a Gaza e la ripresa del dialogo a livello internazionale sulla soluzione a Due Stati per la Palestina si possa arrivare alla normalizzazione tra i Paesi del Golfo e Israele, dunque a livello regionale, naturalmente se anche in Iran prevarranno gli interessi a non volere un escalation. Così il rappresentante Ue presente assieme a Paolo Magri, vice presidente esecutivo ISPI, in veste anche di moderatore, Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies nonché esperto di Repubblica islamica, e Valeria Talbot, responsabile dell’Osservatorio Medio Oriente e Nord Africa sempre di ISPI, in un incontro al cinema Vittoria che ha visto la partecipazione in platea di tanti giovani e studenti.
Festival dell'Economia Quo vadis Medio Oriente Nella foto: Nicola PEDDE [ Martina Massetti - Archivio Ufficio Stampa PAT]

C’è dunque una possibilità di arrivare ad un raffreddamento della situazione, in un’intera regione che otto mesi fa sembrava a un passo dalla piena normalizzazione e oggi è in fiamme? Sul quesito posto da Magri il rappresentante speciale Ue lascia uno spiraglio all’ottimismo. Il processo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele, che era giunto ad un livello avanzato prima del 7 ottobre e della successiva guerra nella Striscia, è al momento congelato, ma può riprendere dalle premesse di un cessate il fuoco. Anche perché, riflette l’ex parlamentare, nei Paesi del Golfo, come in Europa le nuove generazioni sono critiche con Tel Aviv, ma la differenza è che in Arabia Saudita, Emirati, Qatar e Bahrein il peso demografico dei giovani è preponderante a differenza della “vecchio” continente. La speranza è dunque che possa riprendere un processo che sarebbe un game changer per tutta la regione mediorientale.

Tutto dipende nel prossimo futuro dal prevalere dell’interesse alla stabilità, che è un faro ad esempio di Paesi come il Qatar, grande mediatore e partner strategico di Stati Uniti, Europa e “Occidente” nei momenti cruciali. C’è poi il ruolo, di peso, sotto profili diversi, di Iran ed Egitto.

Sulla Repubblica islamica, alle urne dopo la morte per l’incidente in elicottero del proprio presidente, l’attenzione è rivolta alle dinamiche interne. Su questo ragiona Pedde: “La seconda generazione al potere nella Repubblica islamica non è nata nel contesto clericale, ma dentro un apparato, quello militare e pasdaran, una sorta di Stato nello Stato ramificato ovunque, che ha modificato il paradigma strategico come dimostrato nella risposta muscolare ad Israele vista recentemente”. Le incertezze dunque sull’approccio che avrà la futura leadership iraniana proseguiranno, considerando anche che riguardo allo stesso incidente c’è stata una diversità di versioni che ha alimentato un dibattito interno, aggiunge Pedde.

Un ruolo di primo piano ce l’ha inoltre l’Egitto, il gigante (oltre 130 milioni di abitanti, il più popoloso del Medio Oriente) però fragile per motivi economici. “L’Egitto - commenta Talbot - è protagonista nei difficili sforzi di mediazione su Gaza con Usa e Qatar. Un Paese che ha tutto l’interesse a portare avanti la stabilizzazione, perché confina con Gaza e controlla il valico di Rafa e dunque cosa entra ed esce nella Striscia. La stabilità dell’Egitto è cruciale”.

Il dibattito si estende alle tensioni nel mar Rosso e l’interrogativo su come si comporterebbe la milizia Houthi nell’eventualità di un cessate il fuoco a Gaza. Infine la posizione della Turchia, ambiziosa potenza regionale e del Mediterraneo.
Menzionato anche il tema della transizione ecologica e dei programmi “Vision” avviati dalle leadership dei Paesi del Golfo, pur non esenti da critiche. La realtà, risponde il Rappresentante Ue nel Golfo, è che in corso c’è un processo reale di trasformazione economica, di emancipazione dalle entrate dai carburanti fossili. Queste leadership lo hanno capito, forse anche prima delle nostre e ora i loro programmi si incrociano con i nostri a livello europeo. Se questi Paesi stanno trasformando le loro economie, conclude, è anche una buona notizia per le nostre aziende.

(sv)


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