
Quella di Toni è stata una carriera costellata da grandi successi e, soprattutto, da una longevità atletica non comune: “Merito dell'amore verso lo sport che ho coltivato sin da bambino – ha confessato -. Quella che era una passione è diventata un lavoro e non posso che ritenermi fortunato per questo. Mi sono ritirato a 39 anni; quando stai per smettere ti alleni ancora di più. La voglia di confrontarmi e di mettermi in gioco anche con atleti più giovani non è mai venuta meno”. Luca Toni (i tifosi del Bayern lo chiamavano Tori, per loro era sinonimo di gol) fu il primo italiano ad essere insignito della scarpa d'oro: “Uno dei trofei più importanti, vinto dopo i mondiali del 2006: per me è stata una grande soddisfazione. Dopo di me c'è stato solo Totti. Al Verona ho vissuto la mia seconda giovinezza, anche se mi davano per finito. Così, nel 2015 ho segnato il mio 300esimo gol da professionista” ha raccontato con un pizzico di sano orgoglio. Poi ha aggiunto: “Oggi in Italia manca un centravanti di riferimento, ma vedo che Andrea Belotti ha una grande voglia di migliorarsi dopo un anno di crisi”. Tra gli allenatori che più hanno segnato la sua carriera, il cannoniere ricorda Guidio Attardi, tanto da considerarlo come l'allenatore della svolta nella sua carriera: “Mi ha fatto fare il grande salto. Per me è stato un padre più che un allenatore”. E sugli Europei: “La nazionale di Mancini è molto tecnica e l'entusiasmo tra i giocatori non manca. Dopo il Mondiale mancato l'Italia ha bisogno di vivere sensazioni forti con il calcio”.