Domenica, 13 Ottobre 2019 - 13:16 Comunicato 2550

Lo sport fatto dalle donne fa bene e fa del bene

Una lezione particolarmente interessante quella tenuta dalla professoressa Linda Vignozzi, medico endocrinologo a commento delle testimonianze di due grandi campionesse italiane, la schermitrice Elisa Di Francisca e la karateka Sara Cardin sul tema della salute della donna sportiva. Nello sport essere donna è diverso dall'essere uomini. Il cervello femminile si sviluppa come quello maschile nel periodo magico della pubertà, ma si modifica in modo diverso ad opera degli ormoni. E’ in questo periodo che si sviluppa anche l’area dell’empatia, del legame sociale. Ecco perché le donne riescono a fare più squadra. Essere donne rende anche molto fragili per il rapporto speciale che esse hanno con il proprio corpo. Elisa Di Francisca è campionessa ma è anche mamma. Con la maternità ha imparato ad amarsi e ad amare, a creare una creatura meravigliosa per la quale si è presa tutto il tempo di cui aveva bisogno. Oggi è tornata ad allenarsi e a vincere. Sara Cardin, campionessa mondiale di karate, uno sport che le ha migliorato il carattere. Da bambina era un maschiaccio oggi invece si sente molto femminile. Non bisogna copiare l’uomo, è importante invece giocare sulle peculiarità femminili.

Luigi Ripamonti, giornalista del Corriere della Sera, modera l’incontro dedicato alla salute delle sportive con protagoniste la schermitrice Elisa Di Francisca e la karateka Sara Cardin e con la presenza della professoressa Linda Vignozzi, medico endocrinologo. 
“Lo sport può fare bene alle donne ma va fatto tenendo conto delle peculiarità femminili - spiega la professoressa Vignozzi -. Nello sport essere donna è diverso dall'essere uomini, la donna ha un corpo e una mente diversi e ben improntati, con delle caratteristiche molto adatte a diventare campionessa, un cervello molto diverso da quello maschile, che ben si adatta a fare sport. Il cervello femminile - continua l’endocrinologa - si sviluppa come quello maschile nel periodo magico della pubertà, ma si modifica in modo diverso ad opera degli ormoni. Si amplia quella parte corticale deputata al ragionamento, alla ponderazione, alla meditazione, alla mediazione e all’equilibrio per rimanere inalterata tutta la vita. Questo - spiega Vignozzi - rende le donne più efficienti e controllate nella fase della pubertà. E’ in questo periodo che si sviluppa anche l’area dell’empatia, del legame sociale, ovvero il prendersi cura delle problematiche altrui. Ecco perché le donne riescono a fare più squadra. Essere donna  - continua il medico - ha delle caratteristiche che possono favorire lo sport, ma, nel contempo, rende anche molto fragili per il fatto che le donne hanno un rapporto speciale con il proprio corpo, devono custodirlo, averne cura, perché dovrà ospitare qualcun altro. La donna è chiamata sempre ad interfacciarsi con questa realtà e questo è modulato dagli ormoni che in parte arrivano ancora dal cervello. E’ il cervello che comanda tutto - afferma la professoressa - e l’organismo femminile è molto fragile perché sensibile a flussi energetici. Sicuramente avere un segno clinico come l’ovulazione o la mestruazione è un vantaggio per le donne nei confronti degli uomini perché possono verificare il loro stato di salute. Se questi momenti non sono regolari, possono essere il campanello d’allarme di alcuni malesseri. Ad esempio, essere impegnate in una attività fisica troppo intensa. Così anche per i disturbi dell’alimentazione. Purtroppo i disturbi del comportamento alimentare  - conferma Vignozzi - stanno aumentando anche tra i ragazzi ed è sempre più presente una visione distorta della alimentazione. Lo sport può essere un punto di gratificazione che può aiutare in questo contesto. Anche l’essere troppo rigidi e controllare tutto, porta a vizi comportamentali. Lo sport insegna che non esiste la perfezione ma bisogna tendere ad essa e non pretenderla da altri.”
E' il momento quindi, di sentire le esperienze delle due atlete presenti. Elisa Di Francisca è campionessa ma è anche mamma. “Ho iniziato a giocare a scherma a sette anni  - racconta Elisa - quando ero una bambina molto ribelle e anche molto determinata. A 18 anni ho smesso questo sport perché mi toglieva alla mia vita. Dopo un anno però, mi sono accorta che il fuoco che avevo dentro non si era spento. Senza quello stop non sarei mai diventata ciò che sono stata, ciò che sono e ciò che sarò. Con la maternità ho imparato ad amarmi e ad amare, a creare una creatura meravigliosa per la quale mi sono presa tutto il tempo di cui avevo e di cui avevamo bisogno come famiglia. Poi ho iniziato di nuovo ad allenarmi e oggi sogno di raggiungere l’obiettivo delle mie, ultime forse, olimpiadi.”
“Maternità nello sport  - interviene la professoressa Vignozzi - significa proprio prendersi il proprio tempo, pian piano, perché lo stress non è compatibile con questo straordinario periodo della vita di una donna. E’ uno stato di grazia, dove il cervello si concentra su ciò che succedendo e quindi sul bambino che sta arrivando. Con un tasso di stress molto alto, perché c’è una richiesta maggiore di nutrienti, di apporto ematico, di elementi utili alla crescita del feto e questo costa energia.”
La parola è passata quindi a Sara Cardin, campionessa mondiale di karate: “Lo sport ha migliorato il mio carattere. Da bambina ero un maschiaccio oggi invece mi sento molto femminile. Ero molto aggressiva, invece oggi ho imparato a dosare questa aggressività. Non bisogna scopiazzare l’uomo - dice Sara - quando combatto, ad esempio, cerco di fare la donna anche in uno sport che nell’immaginario comune è maschile. E’ importante invece giocare sulle nostre peculiarità, noi donne siamo più furbe, più precise.”
“Viviamo per stereotipi  - aggiunge la professoressa - crediamo che certe modalità siano tipicamente di un sesso o di un altro. Ma non è così, l’identità di genere è qualcosa di molto fluido. Il rischio maggiore è quello che come genitori tendiamo ad imprigionare i bimbi tra i paletti di certi luoghi comuni ed in determinate situazioni questo può creare in loro profonda sofferenza.”



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