Sabato, 13 Ottobre 2018 - 17:08 Comunicato 2467

Le grandi sfide della tecnologia nello sport paralimpico e le loro ricadute per il nostro futuro

Negli ultimi anni gli atleti legati allo sport paralimpico sono diventati sempre più protagonisti delle cronache grazie alla portata delle loro imprese in gara. Una realtà scoperta anche dal grande pubblico a livello internazionale che fa porre con sempre maggior interesse l’attenzione verso quella tecnologia che fa da supporto a questi atleti. C’ è chi si chiede quanto conti allora l’abilità e la preparazione dell’atleta, che per molti si sta trasformando in una sorta di cyborg, di uomo macchina, o quanto sia imprescindibile l’elemento legato alla tecnologia. Ne hanno parlato oggi al Festival dello Sport di Trento atleti, tecnici e dirigenti di fama mondiale come Giusy Versace, Markus Rehm, Christophe Lecomte, della Ossur azienda leader nel settore delle protesi sportive, e Luca Pancalli.

Quella degli atleti paralimpici, come ha ricordato il giornalista Claudio Arrigoni che ha condotto l’incontro nella Sala Depero, è un mondo che si lega inevitabilmente alla tecnologia, ai suoi progressi capaci di avere straordinarie ricadute anche sulla dimensione sportiva.

Protesi sempre più sofisticate e futuristiche vanno a sostituire alcune parti di quella meravigliosa macchina che è il corpo umano. C’è già chi parla di una vera e propria era cyborg che ha proprio nello sport un luogo di sperimentazione fondamentale e unico per testare e sperimentare una serie di invenzioni tecnologiche che in futuro potranno diventare di uso comune per ognuno di noi nella nostra quotidianità.

In quest’ottica va letto l’intervento di Luca Pancalli, presidente del Cip e nel board del Comitato Paralimpico Internazionale, la massima espressione del movimento paralimpico mondiale, che ha ricordato in primis il ruolo di Oscar Pistorius ex velocista sudafricano, campione paralimpico nel 2004 sui 200 metri piani e nel 2008 sui 100, 200 e 400 metri piani.

“E’ indubbio che Pistorius, che correva grazie a particolari protesi in fibra di carbonio,  – ha evidenziato Pancalli – abbia dato grande visibilità mediatica allo sport paralimpico, sfidando anche gli atleti cosiddetti normodotati,  ma non va dimenticato come l’evoluzione delle protesi sia stata costante dagli anni ’60 ad oggi”.

Luca Pancalli ha sottolineato come: “Molti uomini e donne abbiano affrontato e vinto grandi sfide sportive grazie a questa evoluzione tecnologica che dall’ambito sportivo deve avere sempre maggiori ricadute anche sociali per portare le protesi a più persone possibili al di là che siano atleti o meno per migliorare la qualità della loro vita”.

Dietro ogni trionfo paralimpico c’è comunque, oltre il supporto della tecnologia, e non bisogna mai dimenticarlo, un grande atleta come nel caso del tedesco Markus Rehm specializzato nel salto in lungo e nella gare di velocità nella categoria T44 ma anche di Giuseppina Versace, atleta paralimpica ma anche conduttrice televisiva.

La Versace ha iniziato a correre con un paio di protesi in fibra di carbonio, diventando così la prima atleta donna italiana della storia a correre con doppia amputazione agli arti inferiori: “Ho avuto l’incidente nel 2005 ma ho iniziato a correre – ha spiegato Giusy Versace – nel 2010 quindi molto tardi. Ma sono stata testarda e più mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta a correre più io ci provavo. Non avrei mai pensato di fare gare ma poi ci ho preso gusto e non ho più smesso, prendendomi delle bellissime soddisfazioni capaci di farmi capire come anche tutti noi atleti paralimpici siamo degli atleti veri”.



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