Tra le massime rappresentazioni del tema della seconda edizione “Il fenomeno, i fenomeni”, ma anche di cosa significhi “squadra”, i piloti della Pattuglia Acrobatica Nazionale, sono piloti militari, scelti per far parte delle Frecce Tricolori per i loro prerequisiti tecnico-professionali e per le loro predisposizioni caratteriali: «Serve una certa esperienza, quantificata in ore di volo, ma anche uno spiccato senso della condivisione» - ha sottolineato il capitano Federico De Cecco, ultimo arrivato nel team. «Ma allo stesso tempo, serve anche una grande preparazione fisico-atletica» - ha ribadito il maggiore Stefano Vit - «lo sforzo di gestione degli aerei è notevole, in quanto si tratta di vecchi modelli, nei quali lo sforzo umano non è quasi mai compensato da servocomandi». Una fatica per la quale serve tanto allenamento, dagli sport di altro genere – il nuoto, la corsa, la bici – praticati nel tempo libero, a una lunga serie di voli di addestramento, che si intensifica nella stagione invernale, quando vengono meno le esibizioni e si arriva anche a tre uscite nei cieli per giornata. Una fatica che, nonostante non siano ancora presenti nella squadra, non è preclusa alle donne, come ci ha tenuto a chiarire il comandante Farina: «Le donne non sono nelle Frecce Tricolore per sola questione di statistica. Sono da poco piloti dell’aeronautica, quindi sono numericamente inferiori. Nel tempo sono certo che le cose cambieranno, ci sono tutte le carte in regola perché accada». Ma tra battute, risate e tanti applausi, c’è stato il tempo anche per svelare qualche questione più prettamente tecnica: dal soprannome dei piloti “pony”, che rimanda al 1961, quando l’ultima rappresentante nazionale a livello acrobatico, prima della nascita delle Frecce Tricolori, fu quella del Quarto Stormo del Cavallino Rampante, a specifiche sugli aerei – addestratori di 10 metri per 10 -, ad ancora, questioni di volo. Ogni esibizione dura dai 25 ai 30 minuti e si compone di 18 figure acrobatiche, che cambiano a seconda delle condizioni atmosferiche - è stato spiegato – che si rifanno direttamente alla tradizione degli anni ’30, anche se modificate nel tempo per necessità tecniche. Le varie acrobazie, eseguite da un gruppo di 5 piloti guidato da “pony 1”, uno di quattro guidato da “pony 6” e un solista, sono eseguite a distanza ravvicinata, fino a due metri tra un aereo e l’altro, e coordinate dal comandante. «Ognuno di noi, chiaramente, ne ha una preferita e una che trova più ostica. La paura esiste, ma mi piace dire che è come una stanza buia che, con l’allenamento, rendiamo una stanza buia di casa nostra» - ha concluso Farina - «forse, la cosa che tutti condividiamo come più emozionante, resta allora il momento in cui stendiamo il tricolore, simbolo d’Italia». E proprio il sorvolo della città con stesura del tricolore, sarà quello che eseguiranno venerdì dalle 13 nel cielo di Trento, in occasione del Festival.
Le Frecce Tricolori svelano i loro segreti di fenomeni dei cieli
Dai dettagli più tecnici su aerei e figure acrobatiche, alle piccole curiosità personali in materia di sport, il capitano Gaetano Farina e i dieci piloti che compongono le Frecce Tricolori (l’unica pattuglia acrobatica composta da così tanti elementi) si sono messi a nudo, incalzati dalle domande di Deborah Schirru e Massimo Arcidiacono e dal calore del pubblico del Festival dello Sport. «Non siamo abituati a trovarci tra coloro che emozioniamo dal cielo» - hanno dichiarato - «ma per noi è motivo di orgoglio, sentire la gente vicina, così come lo è poter rappresentare il nostro Paese e il suo valore, in tutto il mondo».