Venerdì, 01 Giugno 2018 - 20:44 Comunicato 1278

Lavoro, competenze e povertà

Oriana Bandiera, direttrice del centro STICERD della London School of Economics e Pietro Veronese, giornalista di Repubblica, oggi pomeriggio ci hanno aperto gli occhi su un mondo dove la tecnologia non è arrivata o è arrivata solo per pochissimi e le forme di lavoro per la maggior parte delle persone sono quelle precarie, saltuarie e non qualificate. E' il mondo dei Paesi più poveri, che gli economisti quantificano come quello di chi vive con meno di due dollari al giorno. "Se volete ricordarvi una sola cosa di questo incontro oggi, ricordatevi questo: c'è correlazione tra povertà e infelicità. i poveri non sono felici, come a volte si sente dire, questa è solo una grande menzogna", ha detto Oriana Bandiera, che ha portato il pubblico presente nella sala riunioni del Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento a riflettere sulle mancanze di opportunità che generano la disuguaglianze e su come è possibile attenuarle.

Due sono gli scenari possibili: o esiste un uguale accesso alle opportunità per persone che hanno differenti caratteristiche e capacità e quindi le condizioni di nascita non contano e i talenti di tutti sono a disposizione anche del "circuito" economico al meglio, ovvero in modo efficiente, oppure esiste un differente accesso alle opportunità e le circostanze e i luoghi dove nasce una persona determinano il suo standard di vita, cosicché i poveri sono letteralmente tagliati fuori dalle opportunità di miglioramento e di crescita, anche economica. L'analisi mostrata dalla Bandiera è basata su studi concreti: attraverso due esperimenti condotti in Uganda e Bangladesh dall'organizzazione non governativa BRAC si è cercato di aggirare le trappole della povertà, che sono l'esistenza di lavori instabili a salario bassissimo e lo scarso accesso al credito agevolato, offrendo formazione professionale e trasferimento di capitale fisico (nel caso concreto del Bangladesh, donando una mucca). I poveri del mondo fanno lavori a chiamata e sono vittima di sottooccupazione, specialmente i giovani e le donne. L'inefficienza di questo tipo di economie è soprattutto legata alla disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, al genere, all'appartenenza etnica o di casta, che rappresentano barriere insormontabili. Ma la possibilità di avere delle opportunità fa in modo che chi ha talento possa abbandonare i lavori saltuari e accedere a ciò che possono fare i ricchi, oltretutto creando possibilità di risparmio e di ulteriore sviluppo economico. E' un tipo di riduzione della povertà sostenibile, oltre il principio dei sussidi temporanei, che aiutano la possibilità di consumo, ma hanno durata limitata. Nei due mondi che la professoressa Bandiera ha delineato all'inizio della sua relazione l'aiuto alla povertà è giustificabile come equità morale, mentre nel secondo caso è visto come migliore efficienza dal punto di vista economico e quindi come miglioramento a livello globale. Dai dati mostrati stasera, il principio vale anche per la realtà che conosciamo più da vicino, l'Italia. Il nostro Paese conosce dei livelli di povertà notevole, misurata dagli economisti come quella di chi vive con meno di 21,7 dollari al giorno: ben un quarto della nostra popolazione vive sotto questa soglia e un milione di persone si trovano in uno stato simile agli abitanti più poveri del mondo. Cosa possiamo fare per risolvere questi problemi? La risposta sta nella valorizzazione del talento delle persone e nel dare loro le opportunità di accedere allo studio e al lavoro con maggiore equità. Il problema della povertà può essere risolto, secondo la professoressa Bandiera, ma c'è molto da fare, soprattutto in termini di scelte.

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(sil.me)


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