Giovedì, 10 Ottobre 2019 - 22:04 Comunicato 2453

La storia dello “zio” e la partita che ci regalò il “mundial”

Il racconto di un incontro epico, Italia – Brasile del 5 luglio 1982 – e la testimonianza di uno dei protagonisti di quella partita che spianò all’Italia di Enzo Bearzot la strada verso la conquista del “mundial” di Spagna: lo “zio” Beppe Bergomi. Un groviglio di destini incrociati e di storie sotterranee che sono stati riportati alla memoria oggi a Trento dal giornalista della “Gazzetta” Nino Minoliti nel Bookstore del Festival dello Sport, dove lo stesso Bergomi e Samuele Robbioni, psicopedagogista e scrittore, hanno ripercorso le vicende narrate nel romanzo biografico «BELLA ZIO» del medico e scrittore Andrea Vitali (Mondadori Electa), confrontandosi con Piero Trellini che a Italia-Brasile 3 a 2 ha dedicato le oltre seicento pagine de «LA PARTITA» (Mondadori).

Appena sedicenne, con due folti baffi, Beppe Bergomi sembrava già un uomo fatto e finito. Lo chiamavano “lo Zio” e quel soprannome adolescenziale gli rimarrà per sempre. Beppe era ciò che si definirebbe un bravo ragazzo, cresciuto in una famiglia semplice e ricca di “milanesità”. Eppure da quelle premesse di normalità prenderà avvio una carriera sfolgorante entrata nella mitologia del calcio. A soli 18 anni Beppe salirà, infatti, sul podio più alto del Campionato del mondo.

E’ l’estate del 1982 e decisiva per il cammino dell’Italia di mister Bearzot risulterà la partita contro il Brasile di Zico e Falcão. L’ultima prima della semifinale. Tutto quel giorno di luglio depone contro gli azzurri: ai sudamericani per passare il turno basta un punto, ma un incontro che sembrava già scritto si trasformerà nei 90 minuti più emozionanti della storia del calcio azzurro.

Davanti ad un folto pubblico, in larga parte di fede nerazzurra, Beppe Bergomi ha parlato di quella partita che gli ha permesso di essere il secondo più giovane campione del mondo dopo Pelè, ed ha anche spiegato l’origine del suo soprannome. “Quando arrivai all’Inter a sedici anni avevo due bei baffoni. Giampiero Marini mi guardò, mi chiese quanti anni avevo e poi decretò: sedici anni? Ma con quei baffi sembri mio zio. E così restai “lo zio” per tutta la mia carriera”.

Piero Trellini ha invece raccontato che della partita del 5 luglio ‘82 ha cominciato a raccogliere testimonianze scritte fin da quando aveva 12 anni. Ora le ha riassunte in un corposo volume di oltre 600 pagine: il romanzo di Italia – Brasile che ci parla di come sono nati, come si sono svolti e cosa hanno provocato i novanta minuti più emozionanti della storia del calcio. “LA PARTITA ci catapulta dentro l’anatomia di un istante; una partita unica e indimenticabile come non è mai stata raccontata.”



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