Domenica, 04 Giugno 2017 - 11:47 Comunicato 1500

La prevenzione per una salute sostenibile

I dati parlano chiaro: nell’ultimo decennio la condizione di salute delle nuove generazioni in Italia ha subito un drastico peggioramento. Obesità infantile, invecchiamento della popolazione, mancanza di movimento e abbassamento dell’età alla quale si manifestano certe patologie croniche non delineano un quadro troppo incoraggiante per il futuro. Non è però il caso di essere pessimisti: a fronte di un eccellente Sistema Sanitario Nazionale - seppur con alcune pecche e differenze regionali - l’unico modo per non incorrere in errori del passato è quello di progettare azioni sistematiche a lungo raggio, creando oggi le migliori condizioni per operare meglio domani. L’adozione oggi di misure atte a incrementare gli investimenti in prevenzione dovrebbe portare in un domani a una riduzione del numero di persone da curare e da assistere, con un beneficio sostanziale per l’intero sistema economico. Ne è convinto Vincenzo Atella, professore alla Facoltà di Economia Tor Vergata di Roma - e tra le altre cose anche consulente per la Banca Mondiale e per il WHO - intervenuto al Festival dell’Economia nell’incontro moderato dal professor Davide Galesi.

“Non esiste una ricetta magica per migliorare lo stato delle cose  – ha spiegato il professor Atella – così come non ci sono soluzioni definitive per garantire la sostenibilità della salute. L’unica strada che è possibile intraprendere è quella di raccogliere tutte le informazioni che abbiamo in nostro possesso, metterle a sistema e sulla base di queste progettare azioni a lungo termine”. In altre parole definire le linee per una “salute sostenibile”, concetto che ha fatto capolino tra gli economisti fin dagli anni Sessanta e poi rafforzato all’interno del “Rapporto sui limiti dello sviluppo” pubblicato dal MIT di Boston nel 1972, nel quale veniva “puntato il dito verso le azioni miopi dei policy maker, ed il rischio di non tenere conto delle azioni pro futuro”. 
E in Italia come siamo messi? I dati emergenti dai rapporti statistici sono decisamente incoraggianti e possiamo vantarci di avere uno dei migliori sistemi sanitari nazionali al mondo: secondo il Who nel 2000 eravamo al secondo posto dopo la Francia, tendenza confermata anche nel 2017 con il primo posto nella classifica di Bloomberg. Anche se l’investimento in ricerca scientifica e medica, così come in prevenzione, rimane ancora decisamente basso. E non è certo il caso di dormire sugli allori: le statistiche dell’ultimo decennio, rivelano “crudelmente” quali sono i fattori di rischio per il nostro Paese: l’obesità infantile, l’invecchiamento della popolazione, l’anticipazione dell’età media per il manifestarsi di patologie croniche, sono elementi che fino a pochi decenni fa non comparivano nelle nostre statistiche e che oggi “strillano” in maniera preoccupante. Le differenze tra Regione e Regione nell’allocazione delle risorse per la sanità e la consapevolezza di non poter disporre di risorse illimitate sono poi altri fattori cruciali che suggeriscono l’emergenza di una posizione rapida ed un ripensamento dell’intera strategia complessiva con la quale affrontare la questione. Prevenzione, innanzitutto, ma anche investimento in ricerca ed in nuove politiche sanitarie di sistema: in conclusione sono queste le linee guida per una salute sostenibile. Con una buona notizia, però: se ci sono delle inefficienze, ciò implica necessariamente una possibilità di miglioramento.

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