Domenica, 16 Aprile 2023 - 15:46 Comunicato 1057

A EDUCA si è parlato di giovani e di come sostenerli nel guardare al futuro
La partecipazione per contrastare malessere e ritiro sociale

A EDUCA si è parlato di partecipazione in due incontri: una lezione magistrale e la presentazione di buone pratiche. Il primo incontro è stato con Stefano Laffi, ricercatore sociale di Codici, che ha fatto della partecipazione il leitmotiv della sua attività e di oltre 50 dei suoi progetti lavorativi. Laffi ha parlato dei processi di partecipazione e ha sviscerato come poter fare concretamente a coinvolgere i ragazzi e i giovani, ma anche qual è il senso ultimo di questi progetti.
Il secondo incontro ha visto la presentazione dei progetti COPE; Giovani Connessi; Ci sto? Affare fatica; in cui il tema erano le strategie differenti di orientamento, lavoro, connessioni, per accompagnare i giovani as affrontare il disorientamento e il ritiro sociale attivando le comunità di riferimento.
Educa 2023 13 Festival dell educazione Rovereto Nuovi Alfabeti [ foto: Daniele Panato/Agenzia Panato - Ufficio Stampa Educa]

La partecipazione è una delle parole del lessico di cui c’è più bisogno all’interno dei nuovi alfabeti dell’educazione. Parlare di partecipazione è insieme complesso e potente: senza partecipazione non si può pensare a nessun cambiamento, soprattutto circa la concezione del futuro. Partecipare significa vivere le emozioni, riconoscerle, darne un nome, e poterle condividerle: c’è bisogno di insegnare ai bambini, ai ragazzi, ai giovani questo cosa significa per avere la chiave per guardare al futuro.

La partecipazione è stato a EDUCA il tema di due incontri moderati da Francesca Gennai, vicepresidente di Consolida: una lezione magistrale e la presentazione di buone pratiche. Ha iniziato Stefano Laffi, ricercatore sociale di Codici (Milano) che si occupa di mutamento sociale, culture giovanili, processi di emarginazione, e che ha fatto della partecipazione il leitmotiv della sua attività e di oltre 50 dei suoi progetti lavorativi.

Rabbia, malessere psicologico, inazione, ritiro sociale sono fenomeni crescenti nei giovani. Il primo e principale problema nei processi partecipativi è infatti porsi la sfida di coinvolgere chi non c’è, chi c’è ma è distratto, chi non ha intenzione di esserci o ascoltare: per questo la partecipazione funziona se vengono previsti accessi differenziati per ciascun ragazzo.

Per prima cosa, bisogna creare un gruppo, formare un “noi” possibile, facendo sentire i ragazzi coinvolti e interpellati in prima persona. Soprattutto per i giovani, spesso è difficile ideare mentre è molto più semplice scegliere: nel momento della creazione del progetto, bisogna dare ai gruppi di ragazzi delle opzioni, presentare una rosa di scelte, che non significa una diminuzione della loro autonomia ma una semplificazione della complessità. Ancora, porre la questione come una sfida: è diverso dire “Cosa possiamo fare in questa sala?” rispetto a “Abbiamo 3 mesi di tempo e 5000 euro: cosa possiamo fare in questa sala?”. Come sosteneva Pavese, sono i vincoli che generano la creatività.

I processi di partecipazione obbligano i ragazzi a dialogare, a mettersi in una posizione di ascolto e di scambio per arrivare a decidere insieme; e spesso non sanno farlo. Per questo, hanno bisogno di una facilitazione, di una figura che li aiuti nel processo: l’autonomia deve sempre essere supportata da un appoggio, altrimenti si corre il rischio di provare un senso di frustrazione nel non raggiungere il risultato (“Non sono stato capace di fare….”).

Uno dei temi più potenti di ingaggio e di partecipazione con i ragazzi e con i giovani è lo spazio: un luogo da poter rigenerare, sistemare, usare. Vedere concretizzare un cambiamento in uno spazio dà la sensazione concreta di aver lavorato, essersi sentiti parte di qualcosa, essere stati presenti e partecipativi.

Allo stesso modo, anche il teatro è una modalità sempre positiva: laboratori, sceneggiature, messe in scena fanno sentire i ragazzi coinvolti in prima persona.

“I bambini sono il termometro dell’antropocene: con loro si usa il disegno, e se interpellati riempirebbero gli spazi e le città di piante e animali, loro chiedono la vita” afferma Stefano Laffi. “Dai ragazzi invece sono il termometro dell’inclusione: questo è un dato che viene fuori come trasversale a tutti i progetti. I ragazzi vivono sulla loro pelle l’inclusione, in aula, e portano quell’attenzione particolare in tutti i diversi progetti”

In sostanza, attraverso i processi di partecipazione non si trasformano i ragazzi, la valenza non è quella di migliorare o di cambiare le persone, ma è strumentale al loro percorso di crescita: i ragazzi scoprono infatti qualcosa di se stessi, qualcosa che non sapevano e che dà loro uno strumento in più per il futuro, fornendo una chiave di cambiamento possibile.

Nel secondo incontro grazie alla presentazione dei progetti COPE, Giovani Connessi, Ci sto? Affare fatica si parlato di strategie differenti - orientamento, lavoro, connessioni virtuali e reali - per accompagnare i giovani per affrontare il disorientamento e il ritiro sociale attivando le comunità.

Info: 342 1281843 (dal lunedì al venerdì, ore 9-17), info@educaonline.it

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(sdv)


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