
“Ad esempio, il tema dei punti nascita è centrale - ha evidenziato Rossi - ; cerchiamo di coltivare la logica dell’innovazione e di scoprire che ci sono ospedali che si collocano al di sotto del numero canonico di 500 parti l’anno, ma con esiti migliori rispetto ad altri ospedali con un numero più alto di nascite. Un dato positivo su tutti - ha concluso Rossi - è che la montagna trentina non soffre di spopolamento: da noi la montagna ha perso l’immagine di arretratezza, ma guai a perseguire logiche di isolamento, bisogna, invece, coltivare la logica dell’eccellenza. Perché è possibile vivere in montagna mantenendo uno sviluppo al passo con il resto del mondo”.
Per l’antropolgo Annibale Salsa la montagna fa parte del territorio nazionale e la sua marginalità va capovolta, "perché non è sempre stato così. In termini di geografia fisica effettiva, la montagna non è marginale e nel corso della storia le Alpi erano al centro dell’Europa, fino all’800. Poi cominciano a diventare marginali. Qui entriamo nel campo della geopolitica - ha spiegato - ; l’Appennino, ad esempio, è diverso perché qui non c’è una tradizione di autogoverno, mentre per le Alpi è stato più facile il rilancio perché il loro territorio è considerato strategico. Dal 2004 ci sono stabilizzazioni degli insediamenti con il fenomeno dei ‘ritornanti".
Per il presidente della Tsm Mauro Marcantoni la popolazione in montagna si è ridotta del 10% e in pianura è cresciuta del 44%, anche se negli ultimi anni la popolazione delle aree montane è cresciuta di alcuni punti percentuali, quasi del 3,4%. “La crescita - ha poi osservato - non è sdeterminata solo dalle Autonomie speciali (Trentino, Alto Adige e Val d’Aosta) perché in Friuli, anche questo un territorio di autogoverno, invece è calata. La vocazione non è solo turistico-agricola; ci sono altre realtà, anche industriali, che si insediano in montagna, e che ci fanno vedere le potenzialità di questi luoghi. La montagna - ha concluso - senza presidio politico, infrastrutture, e senza l’elemento più importante, ovvero il capitale sociale forte, non può creare la capacità di reazioni virtuose che la rendono in grado di cavalcare logiche di sviluppo”.
Marco Baldi, ricercatore del Censis,ha osservato che alcuni parametri tra pianura e montagna non presentano forti divari, a differenza dei luoghi comuni. Ad esempio i tassi del livello culturale delle popolazioni e dell’ occupazione.”Fare impresa in montagna - ha detto - è più difficile, ma nei distretti montani si producono 48 miliardi di lavoro aggiunto. Poi la montagna ha un territorio libero e solo il 2% di suolo consumato, mentre in pianura è arrivata a quota 10%. Per il professor di Economia e Gestione delle imprese all'Università degli Studi di Trento, Enrico Zaninotto, i fattori di sviluppo in montagna sono suscettibili di futuro laddove in particolare l’Autogoverno sappia intercettare in nuovi trend dell’economia puntando su innovazione sociale e tecnologica.