Venerdì, 02 Giugno 2017 - 11:02 Comunicato 1401

La mobilità dei redditi e la disuguaglianza che fa bene al Paese

La mobilità è indicatore di una società fluida e la disuguaglianza è più tollerabile se c'è mobilità sociale. Gianluca Violante, docente di Economia alla Princeton University, assieme al giornalista del "Sole 24 Ore" Dino Pesole, stamattina ha analizzato i rapporti tra redditi e generazioni in Italia, Paese caratterizzato da un'economia stagnante, durante l'incontro del format "Visioni" ospitato nell'Aula magna della Facoltà di Giurisprudenza.

Il docente ha iniziato la sua analisi spiegando che per  mobilità generazionale si intende la correlazione tra il reddito dei genitori e quello dei figli. "La crescita è come l'alta marea: tutte le barche salgono insieme ma non è detto che ci sia anche mobilità. Ci può essere crescita senza mobilità e viceversa", ha esordito Gianluca Violante.

La persistenza intergenerazionale, ha proseguito lo studioso, è legata a diversi fattori: alla trasmissione ereditaria delle abilità, all'educazione, alle risorse finanziarie, alla segregazione geografica e alle partnership "matrimoniali". "La domanda è: c'è un giusto livello di disuguaglianza? L'eguaglianza assoluta dei redditi, infatti, è utopistica e deleteria. Ciò che conta sono le pari opportunità, ovvero giocarsela senza la spinta familiare", ha continuato il docente di Princeton.

C'è quindi una disuguaglianza giusta nella società, per capire quanto vale bisogna distinguere tra disuguaglianza dovuta a circostanze esterne e interne, senza dimenticare la forza della casualità.

In base allo studio presentato da Violante, in Italia dieci figli su 100 nati da famiglie modeste riescono a raggiungere un reddito elevato; 37 su 100 nati da famiglie benestanti rimangono nella loro posizione privilegiata. Nel Belpaese quindi c'è una certa mobilità sociale, e questo è positivo, ma i figli dei genitori più ricchi hanno opportunità di successo economico sproporzionate rispetto agli altri.

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