Domenica, 13 Ottobre 2019 - 17:43 Comunicato 2565

La medicina nel pallone

Stefano Mazzoni, Ac Milan, Piero Volpi, FC internazionale, Rudy Tavana, Torino FC: questi i medici dello sport, che, con Luigi Ripamonti, hanno affrontati a palazzo Geremia un tema di fondamentale importanza per gli atleti, per i club calcistici, e anche per i tifosi, quello della "medicina nel pallone". I calciatori sono professionisti, e valgono molto. Devono essere trattati bene come uomini ma anche per il “patrimonio” che rappresentano. Quanto stanno bene oggi i calciatori? bene, da un lato. Sono naturalmente persone sane, anche per effetto delle normative che regolano questa e altre discipline sportive. La legge sui professionisti, che “obbliga” a continui controlli ed esami specialistici, aiuta a fare prevenzione, soprattutto per le patologie in ambito cardiovascolare. L'attenzione non solo alla prestazione sportiva ama anche allo stile di vita, unita ai progressi della medicina, fa sì che siano professionalmente più "longevi" rispetto al passato. Tuttavia nel corso della carriera sportiva, vuoi per i traumi, vuoi per il sovraccarico, si sviluppano problemi e patologie peculiari. Se un calciatore vale molto, attorno a questi problemi si scatenano tensioni e pressioni fortissime, che è compito (anche) della medicina gestire al meglio.

Se a un giocatore che vale milioni di euro succede qualcosa, come viene gestito l’infortunio? “Innanzitutto – ha detto Volpi - il compito del medico sportivo è fare prevenzione. Bisogna fare di tutto e di più affinché al parco giocatori non succeda nulla di spiacevole. Ovviamente il trauma da contrasto non puoi prevederlo. In quest’ultimo caso, si avvia un protocollo terapeutico che consenta un recupero totale. Il che non è così semplice: un calciatore non è guarito perché cammina, ma perché è nuovamente in grado di compiere le prestazioni sportive che ci si attende da lui”.
Sul versante della prevenzione, ha aggiunto Mazzoni, “è importante una stretta collaborazione fra tutte le figure che ruotano attorno al calciatore. In teoria un problema al tendine di Beckam o di mio figlio è uguale. Ma è indubbio che la gestione di un problema che riguarda un calciatore scatena enormi pressioni a livello mediatico e societario che ne rendono peculiare la gestione”.

Anche per Tavana “la collaborazione fra medico e staff sportivo è fondamentale. Poi è chiaro che il medico di squadra può accedere a tutta una serie di prestazioni in maniera molto veloce. Ma è anche importante che il medico sappia resistere alle pressioni a cui viene sottoposto, e a volte sono molto grandi”.
Fra i vari aneddoti: ad un giocatore "partì" il menisco esterno alla vigilia di un appuntamento importante.  Insistette per giocare. C’era un mese di tempo, troppo poco. Alla fine il giocatore giocò e segnò. Ma i problemi nel periodo successivo? E quelli a lungo termine? La posizione corretta del medico è: se ci vogliono due mesi, bisogna attendere. Altrimenti, si pagano le conseguenze. E' vero però che la medicina ha fatto passi da gigante. La chirurgia che soccorse Baresi 20 anni fa negli Usa, oggi è alla portata di chiunque. Ma parliamo di prestazioni chirurgiche particolari? No, è stata la risposta. la chirurgia è uguale per tutti. Il giocatore che ha un problema non accede a cure “speciali”, magari all’estero. Quello che cambia è il dopo. Il giocatore vuole tornare a gareggiare presto. E' qui che emergono le differenze. Non solo l'aspetto motivazionale è determinante. Ci sono protocolli di recupero diversi rispetto a quelli a cui accede un cittadino normale. Ma la biologia e la medicina in generale non possono superare all’infinito dei limiti. Dal tempo biologico non si può sfuggire. D'altro canto lo sportivo è una “macchina” che deve sempre rimanere in movimento, altrimenti la sua condizione atletica si deteriora. Di conseguenza, il calciatore infortunato accede a tutta una serie di terapie e di esercizi specifici che gli consentono non solo di tornare in squadra presto ma di mantenersi costantemente in esercizi: se i normali allenamenti gli sono preclusi, durante la convalescenza, ci possono essere il nuoto, le fisioterapie e così via.

Come arriva un calciatore a fine carriera? Negli ultimi 20 anni lo sport è andato verso una esasperata fisicità, che comporta ovviamente un maggiore logoramento. In generale le regole e gli stili di vita che un giocatore deve seguire, ad esempio nel campo della nutrizione, sono estremamente “sane”. Queste regole favoriscono un buon mantenimento fisico. A soffrire sono invece le articolazioni, l’apparato locomotore. Nella media, i calciatore hanno un’incidenza di artrosi di anca e ginocchio molto più alte della popolazione normale. Questo è lo scotto che il professionista deve pagare. La longevità agonistica, però, è cresciuta. Le ragioni sono molteplici: estrema specializzazione della medicina, grandi progressi nel campo della prevenzione ed in generale dello stile di vita, la diversa gestione degli infortuni, e non da ultimo la genetica. Lo stesso comunque non succede solo nel calcio, ma anche nell’atletica, del nuoto, del basket.

(mp)


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