Roberto Nicastro è partito dal concetto di “Fintech”, la fornitura di prodotti e servizi finanziari attraverso le più avanzate tecnologie dell'informazione e della comunicazione. “La possiamo vedere come una profonda trasformazione, oserei dire quasi anarchica, del modo in cui si fa informazione bancaria, che incrocia la trasparenza dei dati alla costumer experience dell’utente”. In Italia c’è ancora molto margine di miglioramento rispetto ai competitors europei. Questo è un settore che necessità continuamente di nuovi talenti, che deve affidarsi ad aziende IT al di fuori dei sistemi bancari tradizionali”.
Monia Ferrari, Financial Services Director Capgemini Italia, la prima multinazionale europea nell’ambito IT, ha spiegato che “Per poter stare al passo con i tempi bisogna riuscire a fornire prodotti e servizi bancari e finanziari customizzati sulle esigenze del cliente, che li vogliono trovare a disposizione nel momento in cui ne hanno bisogno. Le banche hanno bisogno di investire tantissimo sui dati, ma questo processo di estrazione e integrazione è complesso e necessita di competenze esterne. Oggi l’innovazione delle banche passa attraverso partnership con aziende che guidano la trasformazione digitale”.
Il tema dell’innovazione digitale e del cambiamento è stato certamente accelerato dalla pandemia. Fiorenzo Bellelli, CEO Warrant Hub, TINEXTA, ha sottolineato che “Servono nuove competenze digitali, ma troppo spesso in Italia le dimensioni medio piccole delle nostre imprese non aiutano il processo di evoluzione. Nelle grandi imprese, invece, si trovano punte di eccellenze sia in ambito ricerca sia in ambito innovazione. Bisogna formare soprattutto sulle nuove tecnologie e bisogna riuscire a trattenere nel nostro paese tutti quei giovani talenti che vanno a lavorare all’estero. C’è però un abuso inflazionato di percorsi “master”, da un punto di vista dell’offerta formativa si dovrebbe forse razionalizzare e concentrarsi sulla qualità”.
Massimo Bergami, consigliere delegato della Bologna business school, Università di Bologna, ha detto che “ll paradigma del mercato del lavoro è radicalmente cambiato: il profilo STEM (science, technology, engineering and mathematics) è al centro dei bisogni aziendali di tutti i settori. Conteso, con più potere, il professionista IT vive un momento storico in cui sono le aziende che devono rendersi attrattive e trasmettere la propria innovazione; al tempo stesso, i candidati devono destreggiarsi tra hard e soft skills all’interno di nuovi processi di recruiting pervasi dalla tecnologia. La ‘war of talent’, ovvero la guerra dei talenti, è un termine coniato nel 1997 dalla società di consulenza McKinsey & Company, si riferisce ad una crescente competizione tra le imprese relativa alla difficoltà nell’individuare talenti e nuove professionalità. In Italia il mondo STEM è carente di talenti, soprattutto donne. Per quanti sforzi si facciano è un comparto che ancora non ha un arricchimento e un mix di competenze dato dalla equa rappresentanza di genere”. Anche il fenomeno delle grandi dimissioni, è un problema delle imprese oggigiorno, ed il turn over nel campo della tecnologia è molto evidente.
Come può un’azienda emergere in uno scenario in cui tutte le aziende ricercano candidati IT? Come può un’impresa raccontare e trasmettere la propria innovatività ai candidati in fase di attrazione di questi? Spesso le professioni tech e IT ricercati fanno parte della generazione Millennials: non voglio perdere tempo, pretendono esperienze digitali eccellenti e completamente customizzato, preferiscono sposare i valori aziendali e progetti specifici di crescita, piuttosto che soffermarsi ai meri aspetti economici. Di fronte al cambio generazionale, oggi, la difficoltà delle aziende, di tutti settori, è attrarre i profili, ancora prima di selezionarli.