Venerdì, 01 Giugno 2012 - 02:00 Comunicato 1556

I difetti e i ritardi del nostro sistema educativo ai "Dialoghi" del Festival dell'Economia
LA SCUOLA ITALIANA E' UN RISCHIO PER LE GENERAZIONI FUTURE

Negli ultimi centocinquant'anni la scolarità in Italia si è avvicinata a quella dei Paesi più avanzati. Per contro, negli ultimi due decenni, la scuola non fornisce più mobilità sociale. La conoscenza è trasmessa sull'appartenenza sociale anziché sul merito. La formazione del capitale umano, sia dal punto di vista della qualità che dell'equità, registra un enorme ritardo. I risultati sono disastrosi. Siamo in fondo alla graduatoria per quel che riguarda l'insieme di competenze e il nostro tasso di abbandono scolastico è tra i più elevati in Europa. Il costo economico e sociale è salato e impone interventi urgenti. Se ne è parlato ai "Dialoghi" del Festival dell'Economia: dove nascono i ritardi della scuola italiana, l'argomento.-

Che così non si possa più continuare è chiaro. Ai divari socioculturali (gli studenti con un retroterra familiare meno favorevole sono più soggetti alla dispersione) e di genere (le ragazze hanno performance scolastiche superiori agli uomini, tranne che nelle materie scientifiche) si aggiungono, infatti, anche quelli etnici ( i tassi di ripetenza degli immigrati alle superiori tocca il 70,6%), e regionali (al Sud l'uso delle nuove tecnologie è spesso limitato). L'anello debole, ha dichiarato Silvia Dai Prà nell'incontro moderato da Simonetta Fiori – giornalista de "La Repubblica" – è la scuola media, diventata ormai l'incubatrice delle disuguaglianze sociali. Lo sa bene Silvia lei, scrittrice e insegnante, che alle medie insegna. "Il problema maggiore sta nel salto di approccio didattico che gli studenti si trovano a vivere. I più bravi – spiega - si esaltano, quelli meno si deprimono". A incidere negativamente anche l'orario scolastico più breve rispetto a quello delle elementari. "I ragazzi che vengono dalle famiglie meno colte – aggiunge Dai Prà – non hanno più nessuno che li possa aiutare nei compiti".
Lo dicono bene anche le statistiche. Il calo degli apprendimenti rispetto al resto dei Paesi avanzati inizia proprio alle medie e si accentua nell'istruzione professionale. Ed è proprio durante gli anni di mezzo tra le elementari e le superiori che si crea oltre l'80% dei divari sociali. Il federalismo scolastico aumenta ancor più le distanze tra Nord e Sud oppure può aiutare a risolvere il problema? Alla domanda ha risposto Elena Ugolini – sottosegretario all'Istruzione del Governo Monti. "Il mio recente viaggio in Spagna mi ha ancor più convinto che bisogna mantenere una centralizzazione del sistema scolastico. Se da noi la dispersione è del 19,5%, in Spagna, dove il federalismo è forte, è arrivata al 30%".
Il modello alternativo non convince nemmeno Andrea Gavosto – direttore della Fondazione Agnelli. "Si rischia di ampliare i divari territoriali ma anche di generare più burocratizzazione. Secondo me – spiega – bisognerebbe decentrare verso le singole scuole e avere un ministero che controlla e regolamenta. Ciò che è certo è che qualcosa va fatto entro due anni". Non tutto però è perduto. Le cure ci sono. Quali? Valorizzare gli insegnanti, avere una chiarezza di obiettivi, aiutare con più risorse le scuole in difficoltà e abolire le graduatorie. Creare cioè un albo nazionale aperto ai docenti di tutta Italia, dare alle scuole la possibilità di scegliere i docenti e ai docenti di scegliere le scuole; creare una progressione di carriera e di incentivi per gli insegnanti più bravi e motivati e garantire il ricambio generazionale. Investire in istruzione in Italia conviene: il rendimento dell'istruzione è oggi pari al 9%, nettamente superiore agli investimenti in titoli o infrastrutture. Un motivo in più per cambiare la rotta.
Per seguire e partecipare al Festival l'hashtag ufficiale è #festivaleconomia -