Domenica, 31 Maggio 2015 - 02:00 Comunicato 1308

Un viaggio fra storia, economia e letteratura con Marco Baliani
LA FABBRICA DELLE DISUGUAGLIANZE FRA JANE AUSTEN, BALZAC E PIKETTY

Nel XIX secolo, nonostante le speranze generate dalla Rivoluzione francese, la disuguaglianza poggia su due pilastri: una rendita - in genere fondiaria o derivante da titoli di stato - e un buon matrimonio. Ereditare un patrimonio è determinante se si vuol far parte di quella fetta di società - circa l'1% del totale - che non lavora, quella descritta nei libri di Jane Austen o di Balzac. Poi, ad un certo punto, l'era dei patrimoni e della ricchezza ereditaria è sembrata destinata a scomparire. A metà circa del XX secolo, il "mito" è diventato piuttosto quello meritocratico, del farsi strada con le proprie forze e in virtù di una buona professione.
Oggi, negli anni 2000, l'importanza delle origini, dei patrimoni familiari, dei lasciti e delle eredità, sembra essere tornata in auge, se mai era davvero tramontata. Lo prova ad esempio il criterio rigorosamente censitario per l'accesso alle migliori università statunitensi: in pratica a frequentare Harvard e altri atenei di questo tipo sono solo i figli del 2% più ricco. Tutto questo lo scrive Thomas Piketty nel suo "Il capitale del XXI secolo". Ma ieri a portarlo sul palcoscenico del teatro Sociale è stato l'attore Marco Baliani.-

In un'appassionante cavalcata attraverso più di due secoli di storia, sulle tracce di folgoranti intuizioni romanzesche che sin dagli albori del XIX secolo hanno messo a fuoco splendori e miserie di una società, quella europea, rigorosamente classista, il reading di Baliani, per la regia di Claudio Longhi, e con l'aiuto della fisarmonica di Olimpia Greco, ha incrociato i dati economici provenienti dall'opera di Piketty con i personaggi delle opere di Jane Austen e di Balzac. Da un lato, la realtà di un mondo dove solo una piccola fetta della popolazione ha accesso a certi agi, un'abitazione confortevole, carrozza e cavalli per muoversi, servitù, grazie a una rendita che vale circa 20-30 volte il reddito medio di un cittadino normale (quando anche la migliore delle professioni, quella legata al mondo forense, consente di guadagnare solo 5-8 volte di più rispetto alla media), dall'altra i borghesi di Balzac, alle prese con operazioni spericolate per incrementare il proprio patrimonio e avvicinarsi quindi alla "vera" aristocrazia, o le giovani della Austen, la cui prima e principale preoccupazione è quella di un buon matrimonio.
Ad un certo punto tutto questo è sembrato scomparire: a tal punto che l'America dei self made men, società meritocratica per eccellenza, almeno formalmente, si poteva permettere di guardare con malcelato disprezzo ad un'Europa dove la mobilità sociale doveva sembrare certamente molto minore, e dove le vecchie aristocrazie continuavano a perpetuare i loro privilegi e le loro fortune. Ma agli inizi del XXI secolo il peso della famiglia di origine, e del patrimonio che essa può trasmettere alle nuove generazioni, sembra tornato ad essere determinante. La base della ricchezza si è un po' allargata, e l'1% di benestanti dell'Inghilterra di Jane Austen è diventato il 15% dell'America attuale (anche se naturalmente la percentuale di veri super-ricchi è molto più esigua). Tuttavia, il cammino verso una società più giusta e che assicuri a tutti le stesse opportunità sembra essere ancora lungo. -



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