
Attualmente il lavoro sta attraversando grandi cambiamenti, dove il ruolo della tecnologia sembra sorpassare l'abilità umana. Tuttavia, le macchine non sono in grado di decidere secondo opportunità, etica e efficacia. L'approccio alla formazione all'interno di questi mutamenti dovrà essere in grado di consolidare le competenze tecniche e di gestire la tecnologia stessa. Un elemento positivo all'interno dell'ordinamento scolastico odierno è il sistema duale, la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, che in molte aree del nostro Paese ha difficoltà a conciliare l'esperienza educativa a quella produttiva. Esempi positivi però esistono: in Trentino, come ha ricordato Ugo Rossi, esiste un responsabile in ogni scuola che progetta l'esperienza rendendo coerente insegnamento e produttività. Un altro esempio è stato portato dal referente del progetto Piazza dei Mestieri, che in due aree geografiche molto distanti, Torino e Catania, lega imprese locali, istituzioni e scuole, offrendo ai giovani occasioni concrete di apprendimento sul lavoro. Un aspetto da non sottovalutare è il gap tra lavoratori e formazione, che potrebbe essere superato attraverso la costituzione di reti diffuse, di "competence center" dove le persone che necessitano di riqualificazione trovino opportunità di promozione, agganciate a occasioni di sviluppo e formazione. Il mondo del lavoro che è sempre più pervaso dalla tecnologia ha bisogno di figure specializzate, in grado di soddisfare i bisogni delle imprese. La questione diventa, quindi, soprattutto culturale, sia dal punto di vista del sistema educativo, sia dal punto di vista aziendale: l'industria dovrà saper prevedere, in alleanza con la scuola, quali sono le competenze necessarie e in questa prospettiva diventano fondamentali logiche di politiche attive, perché un cittadino consapevole è anche un lavoratore capace di affrontare la competitività e indirizzare i destini della propria impresa.