
Per Boban il giornalismo deve contribuire a migliorare la società attraverso la verità. “Non credo – ha detto - di essere mai stati cattivo nei giudizi ma di aver solo detto la verità. L’ho fatto cercando sempre di rispettare le persone. Non esiste la libertà in assoluto, però la devi cercare sempre. Lo sport ti insegna a rispettare gli altri, a lavorare duramente ma anche a sognare. Inoltre ti ricorda anche che esiste una dimensione collettiva. Lo sport infatti unisce più di ogni altra cosa al mondo. E’ ancora il gioco quello che mi emoziona, perché è una magia irripetibile; se ne dovrebbe parlare di più”.
Se Sconcerti ha ricordato di aver cominciato a venti anni, girando molto per raccontare il ciclismo e il calcio, cercando sempre un modo originale e diverso per raccontare lo sport, Beccantini ha aggiunto di aver sempre cercato di scrivere in modo competente ma anche capace di incuriosire. “Le nuove tecnologie e i social – ha detto – hanno portato ad una scrittura molto più veloce rispetto a quella, più pensata, del ‘900”. In fondo, per lui, a fare la differenza è però sempre la qualità.
Secondo Sconcerti per un buon giornalista è fondamentale pensare bene, imparare il ragionamento perché dentro al ragionamento ci sono tutte le notizie che si cercano.
Per lui anche i numeri sono importanti perché rappresentano il tentativo di dare certezza e forma alla realtà.
Condò, a proposito dei social, ha sottolineato che oggi si comunica ad un gran numero di persone che, anche grazie all’avvento della pay tv, ha visto tutto ed è spesso più competente che in passato.
Sconcerti ha aggiunto che se fino al 2000 il calcio era uno spettacolo per pochi, “nei bar sport si parlava molto – ha detto – di cose che pochi avevano visto”, da quel periodo in poi è diventato alla portata di molti.
In chiusura Boban, stimolato dai consigli degli altri relatori, ha parlato del suo attuale impegno al Milan, degli obiettivi, del momento non facile, della scelta sofferta e ponderata di cambiare il tecnico.