
Battute a getto continuo per una serata che ha messo sotto i riflettori, impietosi, di Pennacchi, la fame insaziabile di "schei" dell'imprenditore del Nord Est. Padrone a casa sua, ha pagato la sua terra con sangue e sudore (non importa il sudore di chi). Innamorato del lavoro, disprezza lo studio, le tasse e chi non mangia carne di "porcello" e beve "vin". Ma non è razzista. Odia anche suo fratello.
Lunga la scia dei personaggi inanellati dal Pojana, a partire dal più grande esperto mondiale di veleno per topi. E tante altre categorie di esseri umani, gli sprovveduti, i banditi, gli intelligenti e poi quelli, per così dire, meno furbi, che il Pojana definisce con sferzante ironia, una categoria questa di persone distribuita equamente in ogni classe sociale.
Il Pojana è nato imprenditore edile. Poi travolto dalla crisi, si è perso l'età dell'oro, quella del Superbonus. Varie vicissitudini l'hanno portato in galera. Quando è uscito, ha riempito la taverna di fucili a pompa. Cacciatore, pensa che la natura sia una mamma con gli artigli rossi di sangue e disprezza gli ambientalisti. Ha gusti grevi e robusti. "Toccheme tutto, ma non i me schei". Accompagnato da un chitarrista blueseggiante, suscita la risata. Ma, al fondo del fondo dell'ultimo luogo comune, mette tristezza.