Giovedì, 20 Dicembre 2018 - 18:06 Comunicato 3056

I funerali Questo pomeriggio nel Duomo di Trento assieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Giuseppe Conte
L’addio del Trentino e di tutta l’Italia ad Antonio Megalizzi

E’ stato il giorno di Antonio Megalizzi. L’Italia, e il “suo” Trentino hanno salutato per l’ultima volta il giovane giornalista ucciso a Strasburgo questo pomeriggio nel Duomo di Trento, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio Giuseppe Conte del presidente del parlamento europeo Antonio Tajani. Presenti anche le massime autorità del Trentino, a partire dal presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti, dal presidente del Consiglio provinciale Walter Kaswalder, dal presidente del Consiglio regionale Roberto Paccher, e del sindaco del capoluogo Alessandro Andreatta, oltre a molti altri esponenti del Consiglio provinciale. Ma a stringersi attorno alla famiglia Megalizzi, il papà Domenico, la mamma Anna Maria la sorella Federica, e la fidanzata Luana, c’erano anche tanti amici, che avevano conosciuto Antonio durante gli anni di studio e poi ai microfoni della radio universitaria Europhonica, e soprattutto tanta gente comune. Perché Antonio Megalizzi è diventato, in questi giorni, un simbolo, anche se in maniera tragica ed ingiusta. Il simbolo della “migliore gioventù” italiana, una gioventù che insegue con coraggio i suoi sogni, che sorride - quante le foto di Antonio sorridente che abbiamo visto in questi giorni – anche se il futuro è incerto e il lavoro non è garantito, una gioventù che non accetta di lasciarsi risucchiare nel gorgo del cinismo e della rassegnazione, che crede nell’Europa, che porta avanti, oggi, i valori di quell’Erasmo a cui è intitolato il più famoso dei programmi universitari rivolti agli studenti.

Le pallottole di Cherif Chekatt, che oltre a Megalizzi hanno ucciso altre quattro persone - Barto Pedro Orent-Niedzielski, detto Bartek, Kamal Naghchband, Anupong Suebsamarn e Pascal Verdenne – non hanno ucciso quei sogni e quei valori. “Umanità, intelligenza, simpatia, generosità e altruismo – ha detto nella sua omelia il vescovo mons. Lauro Tisi – sono le doti di Antonio che da giorni tutti stanno celebrando. Figlio della terra italiana, in lui unita anche non simbolicamente da Sud a Nord, dalla Calabria al Trentino, si è formato qui, nella terra che ha dato i natali anche ad uno dei padri dell’Europa. Ci ha insegnato che l’unico confine da difendere è il volto dell’altro”.
Lutto cittadino oggi a Trento e bandiere dell’Italia e dell’Europa a mezz’asta in tutto il Paese, per decisione di Palazzo Chigi. I funerali di Antonio Megalizzi, officiati nel Duomo di Trento, sono stati trasmessi in diretta alle 14.30 dalla Rai. In centro a Trento, invece, tante persone che hanno seguito la cerimonia sia fra le navate del Duomo sia all’aperto, sullo schermo allestito in piazza d’Arogno. Basterebbero questi pochi dati per comprendere quanto la morte del giovane giornalista sia stata sentita, dai trentini e dagli italiani, come una ferita profonda, qualcosa che lascia un segno e che spinge a mobilitarsi, a dare un segnale. O forse, a raccogliere un testimone.
Ed il cordoglio non si esaurirà qui: già domani – venerdì – è prevista una fiaccolata organizzata dai compagni di corso del giornalista al master in Studi europei e internazionali dell’Università di Trento, che aveva frequentato.
Perché “Antonio credeva in un’Europa senza confini – ha detto ancora il vescovo di Trento – e coltivava il suo ideale anche dentro la comunità accademica Questo non cancella il dolore di una morte che toglie il fiato e domanda il silenzio. Ma il Vangelo di Giovanni chiama Gloria il morire di Gesù e ricorda che non è tomba, ma gesto carico di vita”.
Infatti è proprio un passo del Vangelo di Giovanni ad essere stato scelto per la cerimonia, quello in cui Gesù dice che “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Parole dolorose, certamente, parole cariche di mistero. Ma “in quest’epoca in cui le parole rischiano di essere vuote o di venire utilizzate per trame di morte – ha ricordato ancora mons. Tisi, richiamando alla mente l’Antonio Megalizzi giornalista, ucciso da un uomo accecato dall’odio mentre a Strasburgo faceva il suo lavoro di cronista – diciamo grazie ad Antonio, per avere creduto alla forza della parola che si interroga, che offre voce agli altri”. 

E poi, le parole degli amici, dei colleghi di lavoro e dell’università. Parole di amore, di ammirazione, di rispetto. “Amava scrivere, e scrivere per lui era una necessità, un modo per analizzarsi e per comprendere anche i suoi errori”,  si è sentito in una delle testimonianze, rotta dal pianto. Ed ancora: “Avevi sempre detto che non volevi fare il vip, ma il giornalista. Beh, Mega, hai fatto un casino. Adesso tutto il mondo ti conosce".

Immagini a cura dell'ufficio stampa

(mp)


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