Sabato, 31 Maggio 2014 - 02:00 Comunicato 1309

L'ECONOMIA DELL'INNOVAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO E TUTTI I SUOI FALSI MITI

E' un pregiudizio ben radicato nel pensiero collettivo quello che Mariana Mazzucato, titolare della prestigiosa cattedra RM Phillips in Economia dell'innovazione dell'Università del Sussex, smonta pezzo dopo pezzo. L'idea che lo Stato abbia esclusivamente un ruolo di regolatore del mercato cede il passo ad una visione dell'economia più smart, inclusiva e coraggiosa, dove la cosa pubblica si assume il rischio imprenditoriale, crea valore e non solo debiti, mettendosi al centro dei processi di innovazione.-

Quello che serve per superare la crisi è una diagnosi corretta dei motivi che hanno fatto perdere competitività all'Italia. Come in molti paesi d'Europa il motivo centrale che ha determinato la perdita di slancio delle economie appellate con il termine PIIGS è imputabile all'assenza dello Stato quale finanziatore e forza intellettuale nel campo della ricerca e dell'innovazione tecnologica. Sono molti i casi in cui lo Stato ha avuto un ruolo essenziale nel sostenere i primi passi dei grandi processi di innovazione. L'amministrazione di Ronald Reagan ha continuato a finanziare con crescente generosità grandi motori pubblici d'innovazione come il National Institute of Health o Darpa, l'agenzia di ricerca della Difesa. Qui lo Stato ha sviluppato una visione di lungo termine, funzionando come imprenditore-guida, lungo tutta la catena dell'innovazione, assumendo il carico dei rischi e delle incertezze. L'iPhone, il Gps, Siri, touch screen e molte altre innovazioni sono nate grazie agli investimenti dello Stato. Uno degli ultimi casi è Tesla, casa californiana di auto elettriche decollata nel 2010 con un prestito del governo da 465 milioni di dollari. E' necessario dunque rivalutare il ruolo dello Stato, senza sopravvalutare il ruolo dell'imprenditoria, ricercando un delicato equilibrio che distribuisca in modo equo i rischi e i vantaggi. In paesi come la Finlandia o il Brasile questa delicata quadratura del cerchio ha portato a sviluppare soluzioni che impegnassero le imprese a re-investire nell'economia reale, nei campi della salvaguardia dell'ambiente, nell'inclusività del sistema e in altre priorità sociali e civili. Ora anche l'Italia - propone l'economista - dovrebbe ritrovare un po' dello stesso coraggio e della stessa determinazione, guardando a questi fattori fuori dall'ideologia e dalle false chimere di riforme esclusivamente strutturali. -