Gli economisti hanno predetto per decenni che la tecnologia avrebbe distrutto il lavoro, ha esordito Krueger, ma si sbagliavano, visto che dal 1939 l’occupazione è aumentata del 500% negli Stati Uniti.
“Abbiamo avuto ondate di innovazione che hanno sicuramente sconvolto il mondo del lavoro. Nel breve termine hanno creato delle possibilità nuove e nel lungo termine hanno cambiato la nostra vita. La quarta generazione di tecnologie, robot e intelligenza artificiale, non è diversa”.
Il lavoro, quindi, cambierà ma non scomparirà, assicura l’economista americano. “Gli studi suggeriscono che dal 25% al 50% dell’occupazione americana - ma le percentuali sono simili in Italia - sono a rischio automazione. In molti casi però solo certe parti di questi lavori sono a rischio, quindi la professione continuerà ad esistere pur evolvendosi”.
“La preoccupazione principale sul cambiamento tecnologico - ha aggiunto Krueger - è l’aumento delle disuguaglianze soprattutto per i lavoratori meno qualificati. A questo proposito in Italia pesa l’età avanzata della forza lavoro che fa più fatica ad assimilare il cambiamento. Mi preoccupa anche la perdita di potere negoziale dei lavoratori e l’aumento del lavoro autonomo e del Gig-work, poco tutelato”.
Niente panico comunque. Dal 2000, ha rilevato lo studioso, sono state create 54 nuove occupazioni negli Stati Uniti. “Non dobbiamo avere paura perché la velocità del cambiamento tecnologico sta rallentando e comunque anche la produttività non cresce così rapidamente come ci si sarebbe aspettati. Politicamente siamo di fronte a un bivio: cercare di fermare il progresso o prepararci per accoglierlo. Io voto questa seconda opzione, quella che migliora i lavori del futuro, investendo in educazione, ampliando la protezione sociale, aiutando i lavoratori disoccupati ad ottenere un nuovo posto e prevedendo integrazioni al reddito per i più anziani”.
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