Domenica, 13 Ottobre 2019 - 17:39 Comunicato 2563

Jury Chechi e Antonio Rossi: il sogno olimpico tra gioie e dolori

Simpatico incontro quello andato in scena questo pomeriggio a Palazzo Geremia tra il “Signore degli anelli” Jury Chechi e il canoista Antonio Rossi. Due grandi amici che hanno raccontato la loro carriera attraverso le Olimpiadi a cui hanno partecipato, alternando le battute a momenti di riflessione sulla loro vita.

Nella bacheca di Jury Chechi ci sono il prezioso oro di Atlanta 1996 e il bronzo di Atene 2004. “Ho scelto questo sport per pura passione. I fenomeni sportivi che hanno segnato la mia carriera sportiva e umana sono Fausto Coppi e Muhammad Ali”.

“Per me il fenomeno era invece Carl Lewis - afferma Antonio Rossi, due ori ad Atlanta 1996 e uno a Sidney 2000, argento ad Atene 2004 e bronzo a Barcellona 1992 - Adesso che ho conosciuto tante persone, so che di fenomeni ce ne sono tanti. Dei giorni nostri sicuramente Alex Zanardi. Ma il vero fenomeno è Jury Chechi con le ragazze”.

Il racconto dell’esperienza olimpica di Chechi parte da Seul. “Avevo solo 18 anni. Fu una tappa importante, era la conferma che mi trovavo sulla strada giusta”. Quattro anni dopo mancò l’appuntamento con Barcellona. “Mentre stavo facendo il corpo libero (la specialità nella quale Jury cominciò a gareggiare, ndr) mi ruppi il tendine d’Achille. Ebbi la capacita di reagire, trasformando una criticità in opportunità: non potevo più fare quella disciplina, sono passato così agli anelli”.

Il percorso per arrivare alle Olimpiadi di Atlanta 1996 è stato complesso. “Avevo paura di fallire. Alla fine vinsi l’oro, esaudendo il sogno che cullavo fin da bambino. Abbiamo festeggiato fino alle sei di mattina”. Un altro oro vinto nel mondiale del 1997, poi qualcosa cambiò. “Un po’ ho mollato, lavoravo in maniera diversa dal programma che avevo seguito nel resto della mia carriera. Credo sia anche per questo che prima di Sidney mi sono rotto il tendine del bicipite. Dovetti saltare anche quella rassegna”. Di smettere così, Jury non ci pensava proprio. “Volevo essere il padrone del mio destino. L’occasione di fare la mia ultima gara è arrivata ad Atene 2004. Ho ottenuto il bronzo, ma l’emozione più grande è stato fare il portabandiera”.

Antonio Rossi ha partecipato a cinque Olimpiadi. “Nel 1992 a Barcellona è stata un’esperienza fantastica. Nel K2 500 ho portato a casa un bronzo. Vivere il villaggio olimpico è stata un’esperienza bellissima”. “Il primo oro è arrivato quattro anni dopo ad Atlanta. Il giorno dopo vinsi di nuovo su un’altra distanza. La voglia di salire sul podio è stata la cosa che mi ha spinto a migliorarmi sempre di più”.

Il periodo prima di Sidney 2000 fu il più difficile per Antonio. “Persi mio padre, nacque mia figlia, e l’Olimpiade iniziò a passare in secondo piano. Lì ho pensato di smettere, ma ho avuto vicino la mia famiglia e il corpo delle Fiamme Gialle. E alla fine ho fatto la gara più bella della mia carriera”. Atene 2004 e Pechino 2008 le ultime, prestigiose, tappe di una gloriosa carriera. “In Grecia fu un’edizione fantastica, in cui vinsi l’argento. A Pechino nel 2008 arrivai solo quarto, ma portare la bandiera è stato qualcosa di speciale”.



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