Venerdì, 11 Ottobre 2019 - 19:53 Comunicato 2487

Jugoslavia Basket Club

Tanto amarcord e ironia, per rievocare la leggendaria Jugoslavia del basket, gli «Americani» della pallacanestro europea. Generazioni di fenomeni, dagli anni Settanta ai giorni nostri, in mezzo secolo equamente diviso tra Jugoslavia unita e repubbliche autonome e indipendenti: Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia-Ezegovina, Montenegro. In Sala Depero alcune tra le glorie più scintillanti di questa pagina d’oro del libro della pallacanestro mondiale: Djordjevic, Danilovic, Tanjevic e Nakic. La Jugoslavia intesa come nazionale e squadre di club: Cibona Zagabria, Yugoplastica Spalato, Partizan Belgrado, Bosna Sarajevo. Un’epopea cominciata negli anni Settanta, con la vittoria del mondiale del 1970 e della Coppa campioni del 1979 con il Bosna Sarajevo. I segreti di tanti successi? L’anima balcanica, l’organizzazione scolastica e – parola di Boscia Tanjevic – anche l’alimentazione a base di zuppe e carne: «Ma una vera squadra deve avere sempre avere un’ideologia».

Sasha Djordjevic, campione dell’Olimpia Milano e oggi allenatore della Virtus Bologna (ha spostato l’allenamento al mattino per essere al Festival), che ha iniziato il campionato con tre vittorie, è convinto: «Per vincere una partita serve l’attacco, per vincere un campionato devi avere una gran difesa. Noi balcanici, in questo, siamo maestri. La nostra è una terra di guerre, difese, mai di conquiste. Siamo amici e fratelli, la forza è il gruppo, perché non abbiamo mai avuto grandi armi. In più lo spirito del basket è un po’ il nostro, quel “piccolo imbroglio” che ti fa guardare da una parte e passare il pallone dall’altra. Negli anni Novanta l’Italia era il Top in Europa anche per noi Jugoslavi ed ex Jugoslavi. Io volevo giocare con Brunamonti».

Una chiacchierata tra amici che si è sviluppata con diversi assist verbali, contropiedi dialettici, schiacciate di ironia (su quanto fosse “italiano” Gregor Fučka, pupillo di Tanjevic, hanno ironizzato sia Djordjevic che Danilovic). Proprio l’ex allenatore della nazionale italiana e jugoslava, Bogdan Tanjevic, allenatore in Italia anche di Caserta, Trieste e Milano, ha canonizzato sette plausibili motivi per spiegare la forza del basket jugoslavo: ambizione, intelligenza, corporatura e doti fisiche tipiche delle Alpi Dinariche, meritocrazia, progetti scolastici e palestre in ogni scuola, valorizzazione dei vivai, alimentazione a base di zuppe ricche di Sali minerali e carne. E prevenzione fisica: «Quanti campioni slavi conoscete che si sono rotti il crociato? Nessuno, perché l’elevata intensità in allenamento permette ai muscoli di riconoscere la fatica e non cedere». Tanjevic ha anche confessato di aver cercato in tutta la carriera di riproporre il modello vincente del Bosna Sarajevo. Il telecronista triestino Sergio Tavčar, storica voce delle prime telecronache di basket trasmesse da Telecapodistria, autore di un volume sul basket jugoslavo, ha aggiunto altri dettagli alla spiegazione della forza vincente della pallacanestro jugoslava: «Voglia di divertirsi prendendo in giro, in una sorta di rito, l’avversario, quando lo si rispetta, per onorarlo. E la multidisciplinarità: nelle scuole delle repubbliche ex jugoslave si è sempre fatto molto sport, anche pallamano, calcio. Dal calcio si acquisisce la capacità di triangolazione funzionale al “dai e vai”. I tanti campionati scolastici mettono in palio grande prestigio». «Cos’ho trovato di bello venendo in Italia? Donne, cibo buono, bei vestiti» ha scherzato Predrag Danilovic. «Il più grande di tutti i tempi? Penso Michael Jordan».



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