Venerdì, 31 Maggio 2019 - 17:13 Comunicato 1229

Joel Mokyr: "La stagnazione secolare non è (forse) il nostro destino”

Per secoli - dal 1110 al 1800 - l’umanità ha visto un periodo di stagnazione, ovvero a fronte di una crescita economica concorreva un fattore contrario (guerre, scarsa comprensione delle scoperte, la crescita della popolazione) che ne annullava i benefici. Il trend è cambiato negli ultimi cento anni con il benessere diffuso. Ma una buona parte della scienza, ancora oggi, è pervasa da un certo pessimismo sulla capacità dell’uomo di garantirsi in futuro la crescita che ha caratterizzato l’ultimo secolo. Sulla soluzione del quesito - ovvero se davvero la stagnazione secolare sia scritta nel nostro destino - è intervenuto Joel Mokyr, professore di economia e storia alla Northwestern University dal 1994, che al pubblico del Festival dell’economia di Trento ha offerto spunti interessanti di riflessione. La risposta definitiva - è questo il pensiero di Mokyr - non esiste, ma lo stato dell’arte ci permette un certo ottimismo, in quanto le nuove scoperte tecnologiche, affiancate da una più solida conoscenza, ci consentono di affermare che le novità vere devono ancora arrivare.

Attualmente Joel Mokyr si occupa dello studio delle radici economiche e intellettuali del progresso tecnologico e della crescita della conoscenza nelle società europee, così come dell’impatto dell’industrializzazione e del progresso economico sul benessere delle nazioni.

Analizzando i dati storici dal 1100 al 1800, Mokyr individua le tre ragioni che portarono l’uomo a vivere per quasi 7 secoli in un mondo segnato dalla crescita zero. Con un’unica eccezione: il Regno Unito, grazie alla rivoluzione industriale. Innanzitutto, durante questi secoli, alla crescita economica è corrisposta una crescita demografica che ha annullato la redistribuzione della ricchezza. Allo stesso tempo la “rapina dei territori” , ovvero guerre ed invasioni (Mokyr, a riguardo, ha citato Napoleone nelle vesti di “ultimo bandito nomade”) hanno causato il depauperamento delle ricchezze di territori più ricchi a vantaggio di altri, meno evoluti ma militarmente più aggressivi. Ed infine la scarsa conoscenza della tecnologia che per lungo tempo ha impedito di beneficiare, soprattutto ai fini della ricerca, di scoperte importanti.

“Dal 1800 - ha spiegato il professore americano - i tre fattori sono scomparsi o si sono ridotti drasticamente, dando vista al grande arricchimento. Non ci sono più ladri in Europa perché sono andati a saccheggiare altre terre alla ricerca di una rendita sicura, così come scienza e tecnologia hanno acquisito la forza per spiegare le novità delle innovazioni”. 

Nella società contemporanea, l’invecchiamento rimane un fattore trainante della stagnazione secolare. Sul mondo attuale incombe la questione ambientale, dovuta allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Tra i fattori di criticità, Mokyr comprende anche la corruzione, di fronte alla quale nemmeno il progresso istituzionale può risultare decisivo. 

Tuttavia, l’analisi di Mokyr chiude con un saldo positivo grazie a quello che lui definisce “rivelazione artificiale”: il 20° secolo è stato l’età della fisica, mentre il 21° secolo sarà quello della biologia. “Il progresso tecnologico e la conoscenza - ha concluso Mokyr - ci consentiranno di sfruttare appieno le potenzialità della ricerca. Nei prossimi anni inventeremo cose nuove a cui oggi nemmeno pensiamo”. Ed è questa la certezza grazie alla quale possiamo guardare al nostro futuro con un pizzico di serenità in più.

 

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(pff)


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