Venerdì, 31 Maggio 2019 - 19:17 Comunicato 1246

Istituzioni europee, società civile, populismo

Come reagiscono le istituzioni europee all'impatto dei populismo? Ne hanno parlato l'europarlamentare Markus Warasin e il professor Carlo Ruzza, sociologo dell'università di Trento, nell'incontro moderato Silvia Sciorilli Borrelli. In generale, il dialogo fra i due schieramenti, quello populista e quello antipopulista, è molto limitato, a causa delle posizioni mutualmente escludenti che entrambi esprimono. In passato le posizioni politiche all'interno del Parlamento europeo erano più diversificate, la competizione politica considerata più desiderabile. L'ascesa dei populismi ha ricompattato le forze pro-Europa, a prescindere dalle differenze politico-ideologiche. La società civile organizzata, rappresentata da migliaia di associazioni, ong e così via, in passato ha svolto un ruolo importante, su temi che vanno dall'allargamento di diritti al welfare alla solidarietà internazionale.. La crisi prima, con conseguente contrazione di risorse, e poi l'offensiva antieuropeista, che le ha prese a bersaglio, le sta mettendo in difficoltà. Dopo le ultime elezioni, in ogni modo, e anche se i populisti non hanno "sfondato" come speravano, tutti a parole riconoscono la necessità di rinnovare e cambiare l'Europa. Il problema è come cambiare.

Ruzza ha presentato i risultati di un'ampia ricerca sul tema, basata su interviste, documenti ufficiali e testi elaborati dalla società civile organizzata. Ne è emerso innanzitutto che il populismo è un modo di vedere il mondo alternativo a quello offerto dalle istituzioni europeo fin dagli anni 60, basato sull'idea che il processo di unificazione del'Europa garantisse pace, prosperità, e poi anche partecipazione, inclusione sociale e quant'altro. Queste idee e valori e visioni rappresentano i preamboli dei documenti europei, alimentano progetti e programmi Ue e così via.

Il populismo presenta un'a "mitologia" alternativa, basato su cose come la riscoperta della nazione, l'appartenenza territoriale, la necessità di liberarsi dalla politically correctness. Forse ora siamo sulla soglia di una nuova fase, caratterizzata da un ritorno dei valori europeisti. Nelle ultime elezioni hanno sì vinto i populismi ma anche i Verdi e i Liberali. In generale comunque fra i schieramenti vi è scarsa legittimità reciproca. Per i populisti la classe politica europeista gode di privilegi ingiustificati, costituisce una élite che si è impadronita delle istituzioni per svuotarle dai valori tradizionali e perseguire i suoi obiettivi, manifesti e occulti. Ma quando i populisti arrivano a loro volta nelle istituzioni europee, come si comportano? In maniera diversificata: in generale oscillano fra la non-collaborazione, la critica della realtà e l'espressione della propria collera, e l'impegno per strappare dall'Europa risorse con cui realizzare i propri programmi e gratificare la propria base.

Sul versante opposto, gli antipopulisti accusano i populisti di voler riportare l'orologio della storia all'indietro, sostengono di essere in grado di  offrire ai cittadini protezioni migliori di quelle che i populisti vogliono creare, scendono in campo su temi come la tematica migratoria, difendono le conquiste della Ue, pur riconoscendo, oggi, la necessità di un cambiamento. In generale, i concetti fondamentali dei populisti esprimono riguardano il popolo, la nazione, l'antieuropeismo e le migrazioni. Gli antieuropeisti parlano a loro volta di questi temi, ma molto meno, insistono sulla necessità di rafforzare la Commissione europea ed in generale il processo di unificazione e a volte riconoscono la necessità di fare autocritica nei confronti delle conseguenze negative della Globalizzazione sul,le classi più vulnerabili.

La società civile organizzata, infine, rappresentata da migliaia di associazioni che operano sui temi dei diritti umani, delle migrazioni, della cooperazione allo sviluppo. Queste realtà si sono sentite molto attaccate dalla retorica populista, reagendo con un ampio ventaglio di iniziative, su temi che vanno dall'accoglienza all'interculturalità fino al dialogo interreligioso.  L'essere state colpite dal 2008 in poi dagli effetti della crisi, tuttavia, non le ha aiutate.

Warasin ha analizzato le posizioni espresse da vari leader politici europei, europeisti e non. Nel corso del tempo il clima attorno alle istituzioni della Ue  è cambiato. In passato si chiedeva sostanzialmente più Europa, oggi il contrario, si chiede meno Europa, meno regole e così via. Anche l'atteggiamento dei media è cambiato. Un evento "spartiacque" è stato la crisi della Grecia. I partiti europeisti in passato cercavano di far emergere le diversità presenti al loro interno, così da comunicare ai cittadini l'idea che votare il fronte europeista non significa esprimere un voto interscambiabile o indifferenziato, perché comunque le differenze fra  Cristiano-sociali, Socialdemocratici, Liberali, Verdi esistono. Oggi al contrario tendono ad unirsi, per fare fronte comune contro gli antieuropeisti. I quali a loro volta alle ultime elezioni non hanno sfondato, riuscendo a fare eleggere circa un candidato su  quattro. L'incognita ora è l'elezione del successore di Juncker, ma anche il ruolo che giocherà in futuro la società civile.

(mp)


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