Venerdì, 03 Giugno 2016 - 19:34 Comunicato 1159

Il valore delle filiere produttive e delle loro interconnessioni, chiave di sviluppo del nostro Paese

La risposta competitiva del nostro Paese deve percorrere le due direttrici della crescita, dimensione e produttività, attraverso distretti, filiere, reti di innovazione ed interdipendenze. Il modello italiano, fortemente interconnesso, si sostiene grazie alle sinergie distrettuali che in passato hanno permesso di superare in parte i limiti della piccola dimensione che caratterizza il nostro tessuto imprenditoriale.
L'Italia è caratterizzata da luoghi della produzione non urbani. Da qui il valore dei distretti, ma anche dei “non luoghi”, ovvero le connessioni tra filiere produttive, luoghi della produttività.

Nel pomeriggio di venerdì 3 giugno, presso il Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento, si è tenuto un incontro del ciclo Confronti a cura di GEI Gruppo Economisti di Impresa. Sono intervenuti Salvio Capasso, Alessandra Benedini, Gregorio De Felice e Gianfranco Viesti, moderati da Massimo Deandreis, sul tema “I non luoghi della crescita: le filiere produttive”.

L'undicesima edizione del Festival dell'Economia si pone l'obiettivo di definire i luoghi della crescita. Ebbene, accanto ai luoghi della crescita, le città, cioè il luoghi dove si concentrano ricerca e sviluppo e innovazione, ci sono anche dei “non luoghi”, ossia le filiere produttive, quelle che si snodano lungo l'intero asse del nostro Paese, con un'interdipendenza tra Nord e Sud ed un forte rapporto tra grande impresa e aziende fornitrici.

Oggi, sono le città globali quelle più competitive e capaci di attrarre talenti, di far nascere nuove idee e di renderle concretamente attuabili. La crescita è generata da una demografia urbana sempre più determinante in valore numerico e da alti livelli di produttività, occupazione e innovazione.

Cosa caratterizza le città italiane? Sono comparabili con le città globali? L'Italia è caratterizzata dal fatto che storicamente produce, innova e compete, in modalità “sparsa” sul territorio e fortemente interconnessa. L'Italia ha quindi una specificità: le aree produttive sono nate e prosperano spesso fuori delle aree metropolitane ed è caratterizzata da luoghi della produzione non urbani. Da qui il valore dei distretti, ma anche dei “non luoghi”, ovvero le connessioni tra i luoghi.

Gli scambi di beni e servizi tra Nord e Sud risultano maggiori che verso l'estero. Questo fattore ha un valore importante. Sebbene il Mezzogiorno sia ancora “distante” in media dal Centro Nord e sia presente un gap sociale oltre che economico, si è innestato un effetto spillover che sostiene la produttività del Paese. Un effetto spillover che si differenzia secondo la tipologia di filiera, e questo lo dimostra un'analisi effettuata su filiere produttive classiche del nostro Paese come aeronautica, automotive, alimentare abbigliamento moda e attività farmaceutica.

I legami di filiera si rafforzano con i contenuti innovativi e generano, come negli hub urbani, un grosso potenziale di crescita sul territorio. La risposta competitiva del nostro Paese deve quindi percorrere le due direttrici della crescita, dimensione e produttività, attraverso le nostre forze: distretti, filiere, reti di innovazione, interdipendenze. Il modello italiano, fortemente interconnesso, si sostiene infatti grazie alle sinergie distrettuali che in passato hanno permesso di superare in parte i limiti della piccola dimensione che caratterizza il nostro tessuto imprenditoriale.



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