Domenica, 03 Giugno 2018 - 13:20 Comunicato 1346

Il valore del nostro tempo venga riconosciuto come capitale

Il filosofo Maurizio Ferraris, oggi al Festival durante la sua brillante presentazione, ha proposto semplici riflessioni sulle azioni che compiamo quotidianamente senza pensare alle implicazioni che hanno nel complesso della nostra esistenza. Il professore è arrivato a conclusioni che fanno riflettere: con il web si lavora sempre, il web non è emancipazione ma mobilitazione, non si limita a dare nuove possibilità agli uomini, ma trasmette responsabilità e ordini finalizzati al compimento di azioni. Alla fine, si lavora senza neppure essere consapevoli di lavorare. E’ così difficile definire il lavoro, per questo è facile lavorare senza accorgersene. Continuiamo a lavorare e produciamo ricchezza. Una nuova frontiera dello “sfruttamento”: la dilatazione spazio-temporale senza limiti della propria prestazione.
Questa situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che il web non solo mobilita ma, soprattutto, registra: ciò che è impresso sul web è un documento indelebile, una memoria incancellabile. Si è passati dalla comunicazione alla registrazione, ogni nostro contatto crea sapere. Una trasformazione - definita da Ferraris “documediale" - che ha cambiato la nostra vita.

In una brillante presentazione, il filosofo Maurizio Ferraris, introdotto da Alberto Faustini, direttore del “Trentino”, è intervenuto sul tema “Tempo di lavoro, tempo di vita”. Viviamo nell’epoca della mobilitazione totale: web e telefonini annullando la distinzione tra tempo libero e quello dedicato al lavoro. Ogni nostra azione su Internet lascia tracce e genera dati che hanno valore economico, con conseguenze che abbiamo difficoltà a prevedere. 

Come spiegato dal prof. Ferraris, abbiamo una disseminazione del lavoro, ovvero continuiamo a lavorare e produciamo ricchezza. Questa è la nuova frontiera dello “sfruttamento”: la dilatazione spazio-temporale senza limiti della propria prestazione. Se pensiamo alla dimensione attuale del lavoro, è possibile affermate che ogni interazione che ha luogo fuori dall’orario di servizio, non è contabilizzata come lavoro, non è retribuita. Lo scenario si aggrava se si considera che le operazioni da noi svolte a titolo gratuito, ogni interazione sul web, generano un plusvalore assoluto. I mobilitati, inconsapevoli utenti, mettono, costantemente a disposizione il loro lavoro, ore di connessione per rispondere a mail, post, messaggi e mezzi di produzione come computer, contratti con gestori telefonici, energia elettrica, cavi di connessione. Da tutto questo l’apparato tecnologico trae vantaggi economici come pubblicità sui social media, l’accumulo archiviale di dati degli utenti, una base sconfinata di conoscenza. Questa situazione è aggravata dal fatto che il web non solo mobilita ma, soprattutto, registra: ciò che è impresso sul web è un documento indelebile, una memoria incancellabile. Si è passati dalla comunicazione alla registrazione: non esiste una società senza registrazione, che è l’essenza del capitale. L’esplosione della registrazione e la disseminazione della comunicazione è una rivoluzione più potente di quella industriale.

La vita attuale è molto più simile al comunismo descritto di Marx - aggiunge Ferraris - dove le persone sono costrette a fare sempre le stesse cose, come delle macchine, senza una totalità reale. Il lavoro contemporaneo presenta questi aspetti: immaterialità, flessibilità, mobilità e umanità, aspetti più vicini al comunismo che al capitalismo.

Per proporre la sua soluzione Ferraris si riferisce a Facebook: Zuckerberg mobilita forze enormi di lavoro fino a far lavorare i bambini di notte. Noi prestiamo i soldi alle banche ma a Facebook li regaliamo. Tutto ciò deve essere regolato, c’è bisogno di un’azione congiunta europea che si impegni affinché questa mobilitazione venga riconosciuta come un lavoro e gli utili di questo enorme lavoro sommerso vengano ridistribuiti.

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