Venerdì, 02 Giugno 2017 - 13:27 Comunicato 1408

Il sistema produttivo italiano in cerca di un ruolo nuovo

Le conseguenze della "guerra dei sette anni" sono state drammatiche. La piccola dimensione delle aziende italiane si è rivelata uno degli aspetti più penalizzanti. E' stato perso un patrimonio di saperi ma nonostante tutto questo l’Italia rimane il secondo paese manifatturiero in Europa e settimo nel mondo, quindi ha dimostrato una capacità di resistenza straordinaria. Le aziende che si erano preparate prima su come produrre fuori dall'Italia e su come stare sui mercati esteri, hanno resistito all’ondata negativa e questo ha permesso al nostro Paese di rimanere a galla.
Ma questo non basta, negli ultimi anni, le potenze emergenti galoppano, i nuovi paesi rappresentano una nuova opportunità ma anche problematiche in più e la piccola dimensione delle nostre aziende non permette di sopportare i costi dell’esportazione. Dal libro presentato oggi , "Che cosa sa fare l'Italia", di Anna Giunta e di Salvatore Rossi, emerge chiaramente che bisogna proseguire verso tendenze basate sull’innovazione, ma senza aiuti, senza un Paese che interviene con riforme adeguate, difficilmente questa guerra potrà finire e la forbice tra chi ce la farà e chi no si amplierà sempre di più.

Il libro enuncia in primis, molto chiaramente, i dati crudi delle conseguenze drammatiche di questa lunga crisi. Solo due di questi dati emblematici: durante la “guerra dei sette anni” sono stati persi 10.700 imprese e 1 milione di posti di lavoro. Nonostante tutto questo però, l’Italia rimane il secondo paese manifatturiero in Europa e settimo nel mondo, quindi ha dimostrato una capacità di resistenza straordinaria.

Per altro verso, la piccola dimensione delle imprese italiane è stato determinate e in questa guerra abbiamo perso un patrimonio di mestieri, di capacità, di artigianato evoluto, che avevamo come un unicum nel panorama industriale. Questo patrimonio sarà irrecuperabile.

Un elemento positivo: le aziende che si erano preparate prima sulla capacità innovativa nell’ambito dei mercati esteri, su come produrre all’estero e su come stare sui mercati esteri, hanno resistito all’ondata negativa e questo ha permesso al nostro Paese di rimanere a galla. Siamo infatti, ancora a livelli importanti di export, siamo il decimo paese esportatore a livello mondiale.

L’export italiano è fatto da poche aziende ma che complessivamente fanno un volume molto importante; anche il Trentino 85% presenta questo trend, l’export trentino è composto da poche aziende che esportano tanto. Queste sono aziende che sono riuscite ad attrezzarsi con competenze, innovazione e capacità legate ai cicli produttivi e quindi a stare sui mercati.

Ma perché le nostre aziende fanno fatica? Perché la dimensione delle nostre aziende non permette di sopportare i costi dell’esportazione. Dal libro emerge la necessità di coltivare politiche centrate sull'innovazione, sull’innovazione. La risposta italiana alla crisi però è stata insufficiente, lenta. La crescita si è collocata ampiamente sotto la media europea. C’è una ripresa in corso, dei segnali di miglioramento, ma non siamo fuori dalla zona grigia, da quella condizione minima per tornare a diffondere il benessere e abbassare il debito pubblico.

Cosa si può fare meglio? Il ruolo del sistema produttivo è determinante: da qui può ripartire una crescita più soddisfacente.



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