Venerdì, 23 Maggio 2025 - 12:14 Comunicato 1300

Il peso del debito: senza consapevolezza, cresce il rischio

Durante la ventesima edizione del Festival dell’Economia di Trento, il tema del debito pubblico è stato al centro di un denso confronto, ospitato al Cinema Vittoria e moderato dal giornalista de Il Sole 24 Ore, Morya Longo. Attraverso il dialogo con tre relatori di primo piano – Maria Cannata (presidente di MTS ed ex Dirigente Generale del Debito pubblico al MEF), Rita Mascolo (ricercatrice presso l’Università di Catania e la LUISS di Roma) e Arrigo Sadun (presidente di TLSG – International Advisors, già direttore esecutivo al Fondo Monetario Internazionale) – l’incontro ha analizzato i nodi storici e le prospettive del debito pubblico in un contesto globale in rapida evoluzione.
Debito pubblico: cosa imparare dalla storia Nella foto: Rita Mascolo, Maria Cannata, Arrigo Sadun, Moyra Longo [ Alessandro Holneider - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Longo ha introdotto la riflessione partendo da un’affermazione emersa in un precedente convegno: “Il debito non è un problema finché non lo diventa”. A supporto, ha riportato i dati dell’Institute of International Finance, secondo cui il debito globale è passato dai 226 mila miliardi del 2020 ai 342 mila miliardi del marzo 2025. Una crescita così imponente da sollevare interrogativi profondi sulla sostenibilità e sulla capacità dei sistemi economici di gestire tale carico.

Maria Cannata ha ricordato la crisi dello spread del 2011, spiegando come, all’epoca, pur con un rapporto debito/PIL inferiore a quello attuale, l’Italia fu colpita duramente da fattori esterni e interni: il panico generato sui mercati dalla gestione incerta della crisi greca, la crescente sfiducia nella solidità dei conti pubblici italiani e la totale assenza di una risposta coesa da parte dell’Europa. Secondo Cannata, la situazione oggi è molto diversa: nonostante i debiti più elevati, l’Italia beneficia di maggiore stabilità grazie alla ritrovata credibilità nella gestione e nel mantenimento dei conti pubblici. Ha inoltre osservato come l'evolversi di questi processi sia molto veloce, portando l'esempio del Portogallo, un tempo considerato tra i paesi più fragili e oggi percepito come uno dei più virtuosi in Europa.

Arrigo Sadun ha analizzato le recenti tensioni sul debito americano che portano con sè una trasformazione profonda. Segni di una fase particolare che gli Stati Uniti stanno attraversando e che in realtà non viene presentata all'opinione pubblica e analizzata spesso in termini corretti. Non è una crisi del debito in senso classico, ma un adattamento a un nuovo ordine internazionale. Con l’amministrazione Biden è cresciuta molto la spesa pubblica; allo stesso tempo, il ritorno di Trump ha innescato una controrivoluzione che rimescola le carte sul piano economico e sociale. Ricordando che gli USA nacquero da una crisi del debito fra le colonie, Sadun ha inquadrato le attuali dinamiche come parte di un'evoluzione storica per cui, il debito è sostenibile, ma richiede un riequilibrio che tenga conto del contesto geopolitico e sociale internazionale attuale.

Rita Mascolo ha posto il problema dell’incompletezza dell’architettura europea. L’Unione Europea ha una moneta unica, ma non un bilancio comune né ha attuato un’unione fiscale. Gli eurobond restano un’anomalia e la mancanza di coordinamento politico limita la capacità dell’Europa di affrontare insieme le transizioni digitali ed ecologiche. Senza mutualizzazione del debito, il principio di solidarietà resta sulla carta. Ha ricordato poi che nei trattati europei ci sono due principi fondamentali, quello della solidarietà e quello della sussidiarietà. L’articolo 3 del Trattato di Lisbona prevede che l’economia europea dovrebbe puntare a una economia sociale di mercato, ma oggi invece rischia di acuirsi il divario tra Paesi. 

In questo senso, Cannata ha aggiunto che il progetto Next Generation EU ha avuto un buon riscontro, ma rimane percepito dai mercati come temporaneo. Fintanto che non sarà considerato un pilastro permanente della politica economica europea, i titoli emessi non verranno trattati alla stregua di una vera asset class sovrana. Secondo l’ex dirigente del MEF, servirebbe più continuità, per dare ai mercati un segnale chiaro di solidità e coerenza.

Il dibattito si è chiuso con una domanda diretta, posta a tutti e tre i relatori: “Si può dire che a livello globale oggi esiste un problema di debito pubblico?” La risposta, unanime, è stata affermativa. Il vero rischio, è stato detto, nasce da una cattiva gestione: se il debito è trattato come un non-problema, si compiono scelte sbagliate e si può arrivare sull’orlo di un possibile disastro. Serve consapevolezza, perché il mondo potrebbe trovarsi seduto su una possibile bomba.

(vb)


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