Venerdì, 11 Ottobre 2019 - 18:05 Comunicato 2479

Alle Gallerie di Piedicastello l’evento del Festival dello Sport dedicato agli sport elettronici con la presenza dei grandi player
Il futuro d’oro del business degli esport

Secondo Mark Cuban, proprietario dei Dallas Mavericks, gli esport toglieranno sempre più spettatori e risorse allo sport giocato. La visione di Cuban sarà anche dettata da obiettivi di business ma nei giochi elettronici hanno investito, anche pesantemente, i grandi marchi (Intel su tutti), star della musica e gli stessi sportivi. Ma dov’è il filone d’oro dei videogames? La risposta definitiva ancora manca ma il business model è già realtà: un pubblico senza confini, costituito da target per la maggior parte al maschile dai 16 ai 34 anni, fidelizzato e disposto ad investire ore ed ore nel gaming. Il salto definitivo ci sarà quando gli esport entreranno nel magico mondo del intrattenimento, in grado di attirare milioni di persone. E a questo punto la profezia di Cuban sarà realtà.

Le cifre degli esport arrivano da Carlo Alberto Maffè, professore alla School of Management della Bocconi di Milano: 400 milioni di spettatori e praticanti nel mondo, 150 miliardi di dollari di fatturato dalla vendita dei videogiochi e 1 miliardo dagli esport. “Questi ultimi - spiega Maffè - rappresentano un mercato multilaterale che in questo momento vive grazie alle quote degli utenti e, soprattutto, dagli investimenti degli sponsor, in buona parte tecnici”. 

Secondo Maffè, gli sponsor hanno scelto un programma di investimenti con un ritorno in termini economici di “lungo periodo” (dai 4 ai 5 anni). Ad attirare l’attenzione degli investitori - lo spiega bene il docente - è una peculiarità, ovvero “l’attenzione umana”. In altre parole, sempre secondo Maffè “chi pratica o assiste agli esport vive un’esperienza totalizzante in grado di trasformarli in utenti altamente fidelizzati, con una frequenza e un coinvolgimento che non hanno paragone con gli altri sport. Insomma, stiamo assistendo a qualcosa di assolutamente nuovo che porterà dinamiche mai viste fino ad oggi”. Ed è proprio su dinamiche assolutamente nuove e promettenti che gli sponsor scommettono.

Chi invece non vede differenze sostanziali tra sport praticato e esport (virtuale perché giocato in rete) è Daniel Schmidhofer, Ceo di ProGamin Italia, società specializzata nell’organizzazione di eventi legati agli esport: “Lo scarto è pochissimo. Vengo da una famiglia che tradizionalmente si occupa di organizzare eventi sportivi internazionali, quali la Coppa del mondo snowboard e di ski country, e gare come il Dolomiti Superbike. Il nostro business model si basa sul biglietto, ma questo vale solo per i tornei internazionali di esport, i media televisivi come Discovery Channel e sponsor fiduciari che possiamo definire partner. Uno di questi è Intel”.

Parlando di competizioni, sebbene online, non si può dimenticare la squadra. Al Festival dello Sport di Trento era presente Paolo Cisaria, ceo e fondatore di Mkers, uno dei maggiori team esportivi in Italia, sponsorizzato da Armani e competitivo in 7 discipline, che ha tra i suoi investitori Daniele De Rossi e Alessandro Florenzi. “La nostra forza è di contare - esordisce il proprietario del eteam - su una mobilità del lavoro eccezionale perché non ci sono barriere e quindi abbiamo la concreta possibilità di creare delle star per ogni singolo gioco. Non importa se vive in Corea o in Italia, sei dentro il gioco e sei un campione”. 

Anche per Mkers il modello si business si basa sulla sponsorizzazione (“Sono la fetta più importante conio 70% di sponsor non edemici”). Gli analisti indicano il valore in 700 milioni di dollari entro il 2021. 

Se il modello della franchigia americana non convince per gli eccessivi costi di iscrizione, il mondo degli esport chiede piuttosto la creazione di una lega, in grado di raccogliere giocatori, squadre, organizzatori di manifestazioni e gare, oltre a investitori e sponsor: “Sono questi gli ingredienti per arrivare ad affermare gli esport al grande pubblico”, concordano gli esperti presenti al Festival dello Sport. 

Non a caso a Trento erano presenti grandi player internazionali come, ad esempio, Hp leader mondiale nella produzione di computer adatti al gaming. “Il mercato - taglia corto Ciotti - deve uscire dalla nicchia dei giocatori chiusi per ore nella loro stanza ed espandersi ad un pubblico più vasto, composto anche dai curiosi. Dal singolo andremo a creare la community”.

Le parole gioco, divertimento e intrattenimento ricorrono anche nell’intervento di Amy Signorini, retail sales manager per Europa, Africa e Medio Oriente di Intel, tra i più importanti produttori al mondo di tecnologia per il gaming. “Da manager responsabile alle vendite - spiega - faccio molta attenzione a fissarmi degli obiettivi e dei kpi per la misurazione del ritorno degli investimenti, elemento alla base di ogni sponsorizzazione”. 

Sul tema della violenza di alcuni giochi è intervenuto invece Alberto Coco, direttore marketing per l’Italia di Ubisoft, casa di sviluppo di videogames francese che ha tra i suoi titoli di punta Rainbow Six, tra i più giocati a livello competitivo: “Molti Ceo hanno riserve su giochi ritenuti troppo violenti ma nessuno pensa che alle Olimpiadi ci sono specialità quali pugilato e lotta”. 

Alla fine però il vero decisore - e sarà così anche per gli esport - è il pubblico, come evidenzia Coco: “Il consumatore decide se un gioco diventa esport e se merita il successo internazionale. Noi dobbiamo assecondare la passione degli utenti perché con loro andremo lontani”. 

(pff)


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