
Da lì è arrivata in un attimo l’Olimpiade a Montreal 1976 con primato mondiale 47”64, da perfetto sconosciuto. “Come ho fatto? Ho lavorato sodo, la stessa dedizione che mettevo sui libri la riportavo agli ostacoli. Poi ho scelto una gara nella quale in quel momento non avevo competitors imbattibili, anche se era una disciplina difficilissima”.
Ma quale è il segreto di un corridore con solo otto sconfitte in tutta la carriera e che oggi è un simbolo della lotta al doping? “Ho imparato a preservare le mie energie; grazie alle mie conoscenze di biologia ho seguito una dieta bilanciata e sempre grazie ai miei studi ho approfondito i processi fisici che avvenivano nel mio corpo, mi sono fatto un programma di stretching. Questo mi ha dato dei vantaggi”, ha spiegato la leggenda dell’Ohio, laureato in Fisica e Ingegneria industriale. “La scuola dove ho studiato, anche se non aveva una pista di atletica, era l’ambiente perfetto per valorizzare le menti brillanti e per preparare le gare”.
Intelligenza e precisione maniacale che gli permettevano di arrivare sereno alle gare. “Preparavo la strategia con accuratezza nei giorni precedenti, così quando mancava poco tempo, e tutti gli altri andavano in panico, io ero sereno e potevo leggere un bel libro”.
Nelle corse Moses ha portato un cambio di filosofia: ha sperimentato la cadenza di 13 passi fra ostacoli, quando i contemporanei ne facevano uno o due in più verso la fine della gara. “Era l’eredità del cross country”, ha spiegato. Una mente brillante, un atleta straordinario e un uomo sensibile, che ancora si imbarazza ricordando il suo giuramento balbettante alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 - quando fu sopraffatto dalle emozioni e dovette ripetere tre volte le 28 parole del testo - e che giornalmente si impegna per uno sport più pulito.