Sabato, 02 Giugno 2018 - 13:16 Comunicato 1299

Il capitalismo nell'età dei robot

La lezione di futuro di Adair Turner, economista britannico che ha lavorato sia nell’accademia, che nel pubblico e nel privato, ha radici storiche importanti. Keynes nel 1930 aveva previsto molto, ragionando sulle possibilità economiche per i nostri nipoti. Il capitalismo può avere un grosso problema nelle trasformazioni che il lavoro sta subendo per l’avanzata prodigiosa della tecnologia. Crescono le disuguaglianze e l’indebitamento. Se i ricchi, detentori del copyright delle intelligenze artificiali, accumulano i risparmi, si entra in una stagnazione circolare. È questo il rischio principale per il futuro. L’economia dovrà capire cosa misurare. Già oggi ci sono molti lavori a somma zero, per il PIL. L’arte non sarà automatizzata. I lavori ripetitivi sì. I servizi «face to face» (cura, assistenza, consegna di cibo a domicilio) sono sempre più diffusi ma anche più sottopagati.

Adair Turner è un economista anomalo. Che ha saputo coniugare, nella sua lunga carriera, l’impegno accademico a quello nel settore pubblico e alle esperienze nel comparto privato. Oggi insegna alla London School of Economics ed è presidente dell’Institute for New Economic Thinking. Il pensiero economico è stato il filo conduttore, anche in prospettiva storica, per affrontare il delicato tema del rapporto tra capitalismo e automazione. «L’economia ortodossa, neoclassica – ha detto Turner al Festival – ha prevalso fino al 2008. Negli ultimi dieci anni, complice la crisi economica, quell’ortodossia che ha portato anche ad errori politici che hanno aumentato le diseguaglianze e generato populismi, non ha ancora un pensiero economico unico come erede».
Forse è un bene, aggiunge l’economista britannico, al tavolo dei relatori insieme a Innocenzo Cipolletta e all’editore Giuseppe Laterza, «padri» del Festival fin dalla prima edizione. Il laissez-faire economico ha creato diverse incongruenze, per Turner. L’economia deve tenere conto che il pensiero umano non è sempre razionale. Non c’è un unico elegante modello economico matematico; bisogna accettare l’idea dell’incertezza del futuro. Futuro, appunto. Turner, citando diversi colleghi economisti e pensatori, da Keynes ai giorni nostri, parlando di sfide e di parziali verità che si parano ai nostri occhi, centrando il tema del Festival ha prefigurato uno scenario in cui entro la fine di questo secolo «tutti i lavori potranno essere automatizzati. Ogni 18 mesi raddoppia la potenza dei chip e della banda larga».
Turner ha voluto specificare che robot non sono solo quelle macchine con braccia quasi umane, occhi e volto sorridente, ma qualsiasi combinazione di hardware e software in grado di farsi carico di attività prima svolte dall’uomo. Si stanno già trasferendo alle macchine la percezione sensoriale e la capacità motoria fine. Più veloce è il progresso tecnologico, minori sono crescita e produttività. L’automazione sicuramente minaccia i redditi. Le attività a basso reddito, alta ripetitività (cucire, raccogliere le verdure) saranno automatizzate. Attività di cura, consegna a domicilio, pagate poco, stanno proliferando. Bassa fertilità e invecchiamento della popolazione, per Turner, non sono un problema, anzi: «Il calo demografico può frenare il ribasso dei salari» assicura. Se la ricchezza accumulata detenendo la proprietà intellettuale delle intelligenze artificiali rimarrà nelle mani di poche persone, la produttività non crescerà. Già oggi sono tanti i lavori a somma zero. Ovvero, che si elidono. Ad esempio le attività illegali legate al web e la difesa dalla cybercriminalità. I poveri vivranno in campi caravan come prevede la distopia di Tyler Cowen?
Chiusura affidata a Innocenzo Cipolletta: «La teoria economica, che deve studiare le decisioni in economia, su cosa si baserà nel prossimo futuro? Sui comportamenti umani o sugli algoritmi che già oggi ci consigliano su come e dove investire?»

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