Domenica, 06 Giugno 2021 - 13:09 Comunicato 1448

Il Paese che invecchia. E i giovani che mancano

Gli italiani stanno invecchiando. Senza ringiovanire. E si sta allungando l’età pensionabile; questa è certamente una buona notizia, ma porta con sé inevitabili sfide e riflessioni. E se la crisi demografica del nostro Paese non è una novità, purtroppo ancora non è un argomento che finisce nell’ordine del giorno dell’agenda politica italiana. Concretamente, s'intende. Ma quali sono le motivazioni profonde di questo tracollo demografico? E quali le strategie possibili per invertire i trend? Il demografo Francesco Billari ne ha discusso con Irene Tinagli, europarlamentare, presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, nell’incontro coordinato dalla giornalista Tonia Mastrobuoni al Festival dell'Economia.

Il Rapporto sulla popolazione dell'Associazione italiana per gli studi di popolazione del 2021 offre una panoramica ineguagliabile dei cambiamenti demografici in Italia, mostrando come questa si confronta con il resto dell'Unione europea. Un’analisi che si inserisce bene anche nell'ampio dibattito sull'impatto dell'invecchiamento lanciato dal Green Paper sull'invecchiamento della Commissione europea. Francesco Billari, che insegna Demografia all’Università Bocconi di Milano, ha introdotto un check up demografico al nostro Paese, da Nord a Sud, rilevandone la disomogeneità. 

«In vent’anni, stando a quanto emerge dal report che è iniziato ben prima dell'attuale pandemia, sono diminuiti in maniera eccezionale i giovani. E l'Italia, in un certo senso non si è mossa. Cosa avremmo potuto fare?» - si domanda il demografo? -  «Fare come la Korea del Sud, investendo in qualità e facendoli studiare ai massimi livelli, magari. In Italia, invece, il calo della popolazione giovanile si è combinato anche con la stagnazione dell’accesso all’università. Siamo anche ai primi livelli in Europa prendendo la percentuale dei giovani "NEET", ovvero i “Not in Education, Employment, Training, che non lavorano, non studiano, e hanno perso la voglia (lo stimolo) di cercare lavoro o di formarsi in altro modo. Un chiaro sintomo depressivo che deve farci preoccupare. Al contrario gli anziani, tutto sommato sono in buona salute, con una speranza di vita complessiva e senza limitazioni a 65 anni».

Le sfide per reagire a questo trend demografico in negativo non sono certo facili da affrontare. Anche perché  il cambiamento della popolazione è un mix tra dinamiche slow, esogene, in qualche modo prevedibili (conseguenze della bassa fecondità, invecchiamento, impatto di lungo periodo dei bassi livelli di istruzione e nelle difficoltà di transizione nello stato adulto), da considerare negli scenari decisionali e dinamiche fast, influenzate dalle decisioni politiche (cambiamenti delle famiglie, migrazioni e cambiamento della composizione della popolazione, “fuga dei cervelli”, dinamiche della popolazione a livello locale).

Irene Tinagli, europarlamentare, presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, ha sottolineato che politiche sociali e di welfare sono sulla bocca di tutti. «Eppure la demografia non rientra tra i focus del dibattito politico italiano, non come dovrebbe. Molto spesso il tema della natalità si sostituisce a quello di italianità, ma in una chiave ideologica, prima ancora che concreta. In realtà il trend demografico è una questione di economia. Lo squilibrio graduale ma costante della spesa previdenziale va a comprimere ulteriormente la spesa per istruzione e sanità». Queste considerazioni sono i fondamenti dell'equità e della solidarietà intergenerazionale. Con una popolazione sempre più anziana e un minor numero di bambini che nascono, è necessario trovare il giusto equilibrio tra l'esigenza di garantire una vita dignitosa in età avanzata e quella di costruire un futuro per i giovani.

Da questi discorsi l’evidenza che le scelte politiche influenzano la demografia. Nel lungo come nel breve termine. Si è discusso ampiamente, alla luce di questi trend demografici, e del rapporto sopracitato, sulle ipotesi nuove di cittadinanza attiva e di allargare il suffragio elettorale abbassando l’età di voto, ma anche di risorse destinate nel PNNR a supporto di politiche per la natalità e asili nido, e di una maggiore attenzione verso la conoscenza della nostra società, per poter intervenire adeguatamente e contrastare un trend negativo, che prima ancora che demografico è soprattutto economico. 

(sg)


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