Sabato, 26 Settembre 2020 - 13:42 Comunicato 2224

Ibrido ed elettrico, cosa frena l’Italia?

L’auto elettrica prende sempre più piede anche nel mercato italiano, ma cosa, ancora oggi, la frena dall’essere la prima scelta per l’acquirente e in che direzione si deve spingere perché diventi consuetudine? La risposta, al Festival dell’Economia di Trento, la si cerca in un dialogo tra professionalità diverse: «Siamo ancora, in termini di costo, in una fase pionieristica – afferma Anna Scuttari, ricercatrice dell’Eurac – ma grosse barriere sono rappresentate anche dalla percezione psicologica, compresa ad esempio l’assenza del classico rumore del motore, e dalla carenza di infrastrutture». Un punto, questo, approfondito da Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan: «Ciò che serve oggi è, più che incentivare l’acquisto dell’auto elettrica, creare un’infrastrutturazione nazionale coerente. Nessuno compra qualcosa che non può utilizzare». Non meno rilevante, infine, per Innocenzo Cipolletta, presidente di Assinome e Aifi, la necessità di investire nella riconversione dell’industria produttrice nazionale.

«Negli ultimi anni, ma ancora più a seguito della crisi dovuta al Coronavirus e alla necessità di mobilità individuale che sia sostenibile, si è assistito a uno spostamento del mercato verso l’auto elettrica, sia essa ibrido, ibrido plug-in o elettrico puro. La mia impresa, per esempio, che si occupa di noleggio, ha assistito a un 25% in più di immatricolato elettrico e a un raddoppio dell’elettrico puro». Questo il quadro che Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan, illustra nel suo intervento alla 15esima edizione del Festival dell’Economia. «Siamo però ancora molto lontani da realtà come il mercato cinese, che si aggira sui 2 milioni di auto elettriche, quindi l’equivalente del nostro mercato automobilistico complessivo. E questo perché, anche se grazie agli incentivi è venuto meno l’originale timore legato ai costi, manca in Italia un’infrastruttura elettrica che permetta di pianificare un viaggio su lunga tratta. Serve un disegno nazionale coerente, che non incentivi solo l’oggetto, ma tutta la rete». A ciò si aggiungono, come dimostra una ricerca condotta da Anna Scuttari dell’Eurac di Bolzano, «barriere di tipo psicologico, come la nostalgia per il rombo del motore di alcuni automobilisti, o la percezione distorta di alcuni elementi di altri: per esempio, servirebbero in questo senso, momenti di prova e di avvicinamento concreto all’elettrico, nonché maggiore comunicazione su temi come i costi risparmiati». Costi che, riconferma ancora Viano, «sono alti all’acquisto, ma si riducono nella manutenzione. Non meno rilevanti poi fattori positivi come la possibilità di utilizzo della carica residuale dell’elettrico, che si raddoppia al solo ridurre della velocità di percorrenza (mentre con un’auto a combustione, a benzina esaurita, non ci sono possibilità di spostamento), o la maggiore compatibilità dell’auto elettrica alle fonti rinnovabili, anche in fase di produzione. Un cambio di prospettiva, insomma, si avrà, quando aumenterà la fiducia nel prodotto». O, per Innocenzo Cipolletta, presidente di Assonime e Aifi, «quando si avvieranno politiche che favoriscano i processi di riconversione dell’industria automobilistica italiana. Oggi – sostiene infatti - la nostra produzione verte quasi esclusivamente sulla componentistica. Con i giusti investimenti, potremmo certamente essere competitivi anche nel mercato dell’elettrico e accantonare i molti timori ad esso correlati».

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