Sabato, 02 Giugno 2012 - 02:00 Comunicato 1598

Al Festival dell'Economia si discute sul Manifesto pubblicato dalla Domenica del Sole 24 Ore
IN ITALIA POCA CULTURA E NIENTE SVILUPPO

Il Sole 24 Ore, attraverso il supplemento culturale della domenica, pubblica il Manifesto per il rilancio del rapporto tra sviluppo e cultura. Il Festival dell'Economia di Trento risponde chiamando a raccolta intellettuali, storici, economisti per verificare se la "rivoluzione copernicana", invocata dal domenicale economico, è davvero iniziata. I quadro è preoccupante: "In Italia si fa poca cultura mentre lo sviluppo è di fatto bloccato."-

Il quadro, se lo guardiamo con gli occhi dello storico Andrea Carandini, - professore emerito di Archeologia e Storia dell'arte greca e romana all'Università "La Sapienza" di Roma - è desolante: la rivoluzione, tanto invocata dalla Domenica del Sole 24 Ore, non è avanzata e, forse, non è nemmeno iniziata, ma non per questo bisogna arrendersi. "Semplicemente - taglia corto Carandini - non stiamo rispettando l'articolo 9 della Costituzione. In momenti di crisi, i finanziamenti pubblici dello Stato italiano non contemplano la cultura". Il professore della Sapienza ricorda gli 85 milioni di euro stanziati dal Governo per la cultura: "Un'inezia, 80 di questi sono ascrivibili alle mie dimissioni dal Governo Berlusconi".
Ma la colpa non è tutta del Governo. In Italia fatica ad affermarsi una nuova idea di cultura e di ricerca. Lo afferma Massimo Egidi, rettore della Liuss di Roma e presidente della Fondazione Kessler che in Trentino significa la ricerca scientifica: "In Italia il mondo della ricerca fatica a capire che è al servizio del Paese e che deve essere utilizzata e messa a disposizione di tutti. la ricerca non è un gioco intelligente ma socialmente utile. Se non riusciamo a sviluppare ricerca e a venderla all'esterno, abbiamo fallito". Il rettore ricorda il modello russo di sviluppo dei computer, tutto basato su un modello centralista: "Hanno vinto gli americani che hanno capito e sviluppato la Rete". E' anche il mercato dunque - secondo Egidi - a dettare tempi e esigenze, in cambio - Egidi non lo dice, ma lo fa chiaramente intendere - ci possono essere i soldi che oggi lo Stato italiano non può più garantire né alla cultura né alla ricerca.
La stessa visione è condivisa da Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Università degli Studi di Trento e coordinatore del comitato scientifico per la candidatura della città di Venezia e del Nordest a capitale europea della cultura 2019: "La cultura deve essere una fonte di reddito e la candidatura di Venezia a capitale europea della cultura intende portare a tutto il Nord Est un'importante movimento culturale ed economico"
Sulla stretta relazione tra cultura e sviluppo economico torna anche Salvatore Rossi, vice direttore generale della Banca d'Italia: "I Paesi emergenti hanno alle spalle una cultura millenaria profondissima che rappresenta l'humus su cui crescono i germogli dello sviluppo economico".
Da economista Rossi individua le tre cause che spinto le persone ad acculturarsi: gratificazione personale, status sociale e convenienza economica. In altre parole, fino ad oggi (anche in Italia), diventare persone con solide basi culturali, rappresenta un vantaggio anche in termini economici e sociali. Il dirigente di Bankitalia mette in discussione il nostro modello di fabbrica della cultura ("europeo continentale") a favore di quello angloamericano: "I Paesi dominanti hanno il secondo modelli e alcuni Stati europei, quali Spagna, Francia e Germania, si stanno spostando verso il modello vincente. L'Italia è rimasta ferma, ancorata ad un modello in cui le scuole di istruzione superiore sono uffici ministeriali e il professor universitario è un impiegato pubblico, con uno stipendio basso. Da noi, il luminare prende tanto quanto l'ultimo dei portaborse che ha strappato una docenza al suo barone".
La cultura è un valore, un elemento fondante della società moderna. "Una società colta crea figli socialmente responsabili e più affidabili - spiega Gilberto Corbellini, docente di Storia della medicina all'Università la Sapienza di Roma -. Non a caso i Paesi più evoluti investono risorse importanti nell'educazione scolastica e universitaria, e nella ricerca". Il risultato è una società con meno crimini e più cooperazione, maggiore reddito pro capite, libertà economica, efficienza istituzionale e politici più colti al governo. "Sono le élite - conclude il docente - che devono riflettere su questi dati e agire di conseguenza".
E in difesa della situazione italiana si schiera Alessandro Laterza, editore e presidente della Commissione cultura di Coinfindustria: "Non è vero che abbiamo una pessima scuola, una pessima università e un pessimo sistema di ricerca. Le risorse sono poche ma dobbiamo ragionare su come spenderle e sui cambiamenti da mettere in atto".
Dal Festival dell'Economia arrivano ulteriori adesioni al Manifesto a sostegno della cultura della Domenica del Sole 24 Ore, seppur con i distinguo delle esperienze e convinzioni personali. La marcia è ancora lunga e sebbene non si possa ancora parlare di rivoluzione le condizioni ci sono tutte per arrivare agli Stati generali, partendo dai cinque punti fondanti: la costituente per la cultura; le strategie di lungo periodo; la cooperazione tra i ministri; l'arte a scuola e la cultura scientifica; merito, complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale.

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