Lunedì, 02 Giugno 2014 - 02:00 Comunicato 1372

IMPRESA BENE COMUNE: IL MADE IN ITALY DELLA LEGALITÀ

Sono oltre dodicimila i beni sequestrati alle mafie dal 1996, quando venne introdotta la legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Sul tema del riutilizzo di questi beni si sono confrontati oggi al Festival dell'Economia Davide Patti di Libera, Giuseppe Del Medico di Unioncamere e Valentina Fiore di Libera Terra che attraverso alcune cooperative gestisce circa 1300 ettari di terreni agricoli sottratti alla criminalità e che ha evidenziato come "la lotta alla mafia si porti avanti anche comprando un prodotto agroalimentare".-

18 anni fa grazie ad un milione di firme veniva introdotta in Italia la legge di iniziativa popolare sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, da allora sono più di 12.000 i beni sottratti alle organizzazioni criminali e circa 2000 le aziende confiscate in vari settori commerciali. Un pezzo di economia non sana che si è cercato di trasformare in un'economia vera, che tenga conto dei diritti dei lavoratori e del territorio. Sul complesso tema del riutilizzo dei beni confiscati e sul loro impatto economico si sono confrontati oggi alcuni operatori del settore su iniziativa di Libera, l'associazione fondata da Don Luigi Ciotti che coordina circa 1500 realtà territorialmente impegnate per diffondere la cultura della legalità.
Davide Patti, in rappresentanza di Libera, ha sottolineato come a distanza di 18 anni vi siano oggi 440 realtà associative in tutta Italia che operano nel riutilizzo dei beni confiscati, impegnandosi per l'inclusione sociale, l'aggregazione giovanile ed il reinserimento lavorativo. "Trasformare i beni della mafia in beni comuni significa scrivere pagine di democrazia" ha detto Patti.
Valentina Fiore direttrice del Consorzio Libera Terra Mediterraneo, ha raccontato il lavoro di alcune cooperative di giovani che in Sicilia, nel corleonese, hanno preso in gestione i terreni agricoli confiscati alla mafia, circa 1300 ettari, in un'ottica risarcitoria nei confronti del territorio, creando posti di lavoro e indotto, testimoniando la possibilità di agire legalmente. "L'idea di fondo, ha detto Valentina Fiore, è che dietro un prodotto agroalimentare vi sia un nuovo modo di essere cittadini e di lottare contro la mafia". La sfida oggi è quella di assistere le imprese confiscate con l'intento di trasformarle, coinvolgendo il sistema imprenditoriale, in esempi di buone imprese e di tutela dei diritti dei lavoratori. Su questo vi è l'impegno di Unioncamere che, come ha evidenziato Giuseppe Del Medico, porta avanti un progetto di sostegno alle aziende confiscate, che attraverso una rete di supporto e di accompagnamento gli permetta di restare sul mercato e di tornare alla legalità. -