Sabato, 02 Giugno 2012 - 02:00 Comunicato 1594

L'economia della sufficienza oltre i vecchi modelli per superare la crisi
IL TABU' DELLA CRESCITA E LE SFIDE DI UNO STILE DI VITA PIU' SOSTENIBILE

Sala della Fondazione Caritro stracolma per il confronto proposto dal Festival dell'Economia insieme all'Associazione di promozione sociale Trentino Arcobaleno sul tema "Economia della crescita, economa della sufficienza. Quale modello può garantire un futuro alla generazione che viene?" Un interrogativo sul quale più che fornire risposte dirette si sono confrontati Paolo Manasse, docente di Economia politica all'Università di Bologna, e Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market e professore di Politica agraria internazionale e comparata all'Università di Bologna dove è preside della Facoltà di Agraria. Due modi di vedere l'economia quelli di Manasse e di Segrè, l'uno se vogliamo secondo schemi più classici, l'altro più vicino a possibili strade nuove per un'economia più a misura d'uomo. La logica della crescita e del debito ci ha portato infatti a una crisi economica e ambientale profonda e a disuguaglianze sociali per molti non più tollerabili. Questa considerazione pone anche l'interrogativo sulle capacità dell'economia legata al verbo della crescita di farci uscire da questa situazione. Sempre più voci si levano in favore di chi chiede nuove risposte e un cambiamento di rotta deciso verso uno stile di vita più sostenibile e responsabile. Sempre più si vanno delineando due idee di economia che si sono confrontate in un dibattito ricco di spunti per ridisegnare i contorni di una possibile nuova idea di società.-

"Questo è un momento adatto per cercare nuove soluzioni – ha iniziato Andrea Segrè - perché questo è un periodo di crisi della crescita economica e quindi appare chiaro che sia anche quello più propizio a chi si pone interrogativi profondi sulle disuguaglianze sempre più profonde pur senza parlare esplicitamente di decrescita".
Al presidente di Last Minute Market è caro il tema dello spreco di risorse, a partire da quelle legate al cibo ma non solo: "Un problema che non viene quasi mai posto - ha sottolineato Andrea Segrè – è quello del debito ecologico: noi usiamo le risorse naturali quasi fossero infinite ma non è cosi.".
L'idea di Segrè non è quella di tornare ad una società arcaica e fuori dal tempo ma di pensare ad un economia sostenibile, un economia in grado di dare quelle risposte alla crisi che non stanno assolutamente arrivando e senza le quali si rischia di superare il punto di non ritorno.
Quella di Segrè, autore di un libro come "Basta il giusto", è la visione di una società della sufficienza in grado di legarsi ad un nuovo mondo fondato sulla coscienza dei limiti naturali e umani, governato da una rivoluzionaria "ecologia economica" e vissuto -finalmente- da un homo civicus che pratica uno stile di vita sostenibile e responsabile.
Paolo Manasse nel suo intervento ha voluto delineare con chiarezza che cosa significhi la parola crescita per gli economisti: "Credo sia sbagliato legare la parola crescita al consumismo e di conseguenza al debito, agli sprechi e di default alla distruzione ambientale. Ma la crescita invece si lega all'occupazione, al capitale e alla produttività: quindi di fatto non si cresce quando si consuma ma quando si risparmia e si punta su innovazione e nuove tecnologie",
Per questo secondo il docente di Economia politica all'Università di Bologna: "Il debito fa male alla crescita e viceversa e si cresce se si è efficienti e non si sprecano le risorse; senza dimenticare che più crescita significa meno disuguaglianza e meno crescita significa anche assenza di mobilità sociale come accade in Italia". Proprio il nostro Paese è un esempio da anni di bassa crescita e di mancanza di progresso tecnologico e di innovazione.
Manasse ha parlato anche del PIL (Prodotto Interno Lordo) che "pur con tutte le sue imperfezioni ha nei suoi indicatori molti degli elementi necessari per valutare lo stato di salute una società e di una nazione. Questo però non significa che non si possa affiancare al PIL anche nuovi indicatori nazionali di benessere".

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