L'analisi di Spence si affida a cifre, diagrammi, slides - li si trova sul sito del Festival - ma si affida anche a passaggi secchi, quasi ultimativi: "Il fatto che tutto sia radicalmente cambiato lo si capisce bene dal fatto che le nostre strutture devono adattarsi ad interconnessioni sempre più veloci e i vincitori sono coloro che si adattano ad un mercato globale in continua evoluzione. Dieci anni fa nessuno si accorgeva della Cina, oggi vale la metà dell'economia europea e nel complesso l'economia dei Paesi emergenti vale oggi la metà del mercato mondiale. Ci si allontana rapidamente dal modello classico delle economie avanzate e la stessa dinamica del consumo ci fornisce un quadro del tutto nuovo: basti pensare che in Cina i consumatori ad alto reddito entro dieci anni passeranno da 230 a 600 milioni e d'altra parte si era sempre pensato che il rischio del debito sovrano riguardasse i paesi avanzati ed invece si è visto che non era così. Le filiere industriali si atomizzano e frammentano, spariscono i lavori di routine sia nel campo manuale che in quello cognitivo: e questo è vero in particolare a partire dal 2008 con il sempre più forte e rapido affermarsi delle nuove tecnologie". E L'Europa? "Deve fare i conti con una struttura che pratica politiche economiche decentralizzate, vista la divergenza tra i diversi Stati e che poi deve affidarsi a strumenti per la convergenza economica che sono invece centralizzati. Tocca dunque agli europei scegliere tra decentramento e accentramento". Quanto alla crisi: "L'Europa reggerà ma la ripresa non arriverà prima di due anni".
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